27 dicembre 2013
L'obiettivo dell'attentato che ha colpito il centro turistico e finanziario della capitale libanese sarebbe stato l'ex titolare delle Finanze, Mohammed Shattah. Stretto Collaboratore dell’ex premier Saad Hariri, figlio di Rafik Hariri, primo ministro ucciso nel febbraio 2005. Accuse al governo siriano e a Hezbollah libanesi filo-iraniani. Ma l'Iran condanna il gesto
Sono almeno otto i morti e 70 i feriti provocati dalla forte esplosione avvenuta alle 9.40 locali (le 8.40 in Italia) in piazza Starco, nel centro di Beirut vicino
all’albergo Four Seasons e non lontano dalla sede del
Parlamento. La deflagrazione è stata causata da un kamikaze alla guida
di un’autobomba. L’obiettivo dell’attentato sarebbe l’ex ministro delle Finanze libanese ed esponente del movimento al Mustaqbal (Il Futuro), Mohammed Shattah, che
è rimasto ucciso mentre si trovava a bordo della sua auto, diretto a
una riunione a casa del capo dell’opposizione parlamentare Saad
Hariri in un palazzo poco lontano dal luogo dell’esplosione. E’ rimasto
ucciso anche l’autista di Shattah. Proprio Hariri ha accusato
implicitamente il governo siriano e gli Hezbollah libanesi
filo-iraniani di essere dietro all’attentato. Ma l’Iran ha condannato
subito l’attacco: “I nemici del Libano stanno prendendo di mira tutti”,
ha detto il vice ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahiyan.
L’ex ministro 62enne era uno stretto collaboratore dell’ex premier Saad Hariri, figlio di Rafik Hariri,
primo ministro ucciso in un attentato il 14 febbraio 2005, non lontano
dal luogo dove stamani è avvenuto l’attentato kamikaze. La bomba ha
mandato in frantumi i vetri fino all’ottavo piano del palazzo Starco che
dà il nome alla piazza e ospita numerosi servizi tra cui un grande
teatro. Sul posto corpi in fiamme, via vai di ambulanze, mentre le
schegge sono schizzate fino a oltre 500 metri dal luogo della
deflagrazione. Questo lo scenario tra le strade della capitale libanese
dopo l’attacco che non è stato ancora rivendicato.
Attualmente Shatah era leader dell’opposizione parlamentare vicina all’Arabia Saudita e ostile agli Hezbollah e all’intero asse filo-iraniano in Libano e nella regione. L’uomo aveva ricoperto la carica di ambasciatore libanese negli Stati Uniti
e consigliere dell’ex premier Fouad Siniora. Ultimamente l’ex ministro
era stato incaricato di gestire a Beirut le relazioni politiche e con i
media per conto di Hariri, da tempo residente all’estero per timore di
esser ucciso nel suo Paese. Pochi minuti prima di morire, Shatah aveva
scritto sul suo profilo Twitter un commento molto duro nei confronti del
regime siriano e degli Hezbollah, alleati dell’Iran. Una riunione
d’emergenza dell’Alta Commissione per i grandi rischi e i disastri è
stata convocata al Gran Serraglio, sede del governo di Beirut, su
decisione del premier dimissionario Najib Miqati che ha
condannato duramente l’attentato kamikaze. “Il Libano e la sua gente
devono poter vivere in pace”, è scritto nel comunicato del primo
ministro, che ha rassegnato le dimissioni alla fine dello scorso marzo.
Miqati ha inoltre condannato tutte le azioni che portano solo “ulteriore
caos e danni per il Paese”. Oltre all’Iran, anche
l’organizzazione Hezbollah ha condannano l’attentato kamikaze. Mentre il
governo siriano, che Hariri ha implicitamente accusato insieme a quello
di Teheran di avere qualche responsabilità, respinge ogni accusa.
L’ultimo
attentato che ha colpito il Libano risale a poco più di un mese fa, il
19 novembre, quando in un doppio attacco suicida contro l’ambasciata dell’Iran
a Beirut morirono 25 persone e 146 rimasero ferite. L’attentato è stato
rivendicato da un gruppo jihadista libanese che si ritiene legato ad Al
Qaida, le Brigate Abdullah Azzam. Tra le vittime l’addetto culturale dell’ambasciata, Ibrahim Ansari, tre addetti alla sicurezza della sede diplomatica e la guardia del corpo dell’ambasciatore iraniano in Libano.
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