La Stampa 08/05/2014
Peter Bofinger, Gøsta Esping-Andersen, Jean-Paul Fitoussi, James K. Galbraith, Ilene Grabel, Stephany Griffith-Jones, András Inotai, Louka T. Katseli, Kate Pickett, Jill Rubery, Joseph E. Stiglitz,
Frank Vandenbroucke
Anni di politiche di austerità devastanti
non hanno limitato o ridotto la recessione, ma l’hanno resa più profonda
e più duratura di quanto sarebbe stata altrimenti. L’Fmi, la
Commissione europea e molti governi europei hanno imposto delle
politiche sbagliate basate su assunti difettosi e idee ingenue. Queste
politiche hanno stabilizzato le banche europee, e poco altro. Hanno
peggiorato le condizioni dei Paesi in crisi. Notiamo oggi che il
dipartimento di ricerca del Fondo Monetario Internazionale sostiene in
gran parte queste conclusioni.
I risultati, oggi, sono sotto gli occhi di tutti. La
disoccupazione è deflagrata e ha colpito più duramente i giovani. Circa
un terzo dei disoccupati è già intrappolato in una disoccupazione di
lungo termine. La povertà e l’esclusione sociale hanno raggiunto
proporzioni assolutamente scioccanti. La coesione e la solidarietà, una
volta assi portanti dell’integrazione europea, sono scomparse dal
dibattito politico. La deflazione è una minaccia. I rapporti debito-Pil
continuano a salire. Il calo degli investimenti unito all’emigrazione
dei lavoratori qualificati comprometterà la crescita della produttività
in molti Paesi europei. La disuguaglianza è in aumento ed è diventata
una minaccia per tutta l’Europa. Tra i bambini, la disuguaglianza nelle
opportunità di vita ha raggiunto oggi livelli mai toccati negli ultimi
30 anni.
Un’analisi credibile fatta da istituti economici
indipendenti, e più recentemente dai servizi economici della Commissione
europea, ha dimostrato che un diverso approccio avrebbe evitato la
recessione “double-dip” in molti Paesi e le gravissime depressioni nei
Paesi in crisi. Inoltre, avrebbe comportato lo stesso debito in rapporto
al Pil nel lungo periodo.
In particolare, una politica globale che comprenda la
stabilizzazione dei redditi, un approccio più ponderato e orientato alla
crescita del consolidamento fiscale, maggiori investimenti nel sociale e
nelle infrastrutture, la ristrutturazione del debito e l’assistenza
sociale avrebbe prodotto sia una maggiore performance economica, sia un
debito e prospettive finanziarie migliori.
Noi riteniamo necessario un cambiamento profondo e ci
appelliamo a tutti coloro che vorranno assumersi la responsabilità
politica di sostenere tale cambiamento in tutte le istituzioni Ue
all’indomani delle prossime elezioni europee.
Prima di tutto, l’Ue deve porre fine alla crisi e rilanciare
la sua economia in direzione di una crescita sostenibile e
dell’occupazione. Una nuova strategia macroeconomica è possibile e può
essere messa in atto rapidamente. Tale strategia deve avere cinque
elementi principali: finanze pubbliche orientate alla crescita, una
nuova strategia per il debito pubblico che includa la ristrutturazione
del debito nei Paesi in crisi, la risoluzione della banche insolventi,
politiche per l’occupazione realmente attive e inclusive e un nuovo
programma europeo per la solidarietà sociale. Questa strategia deve
includere nuovi investimenti pubblici in infrastrutture per un ammontare
annuo di 200 miliardi che faccia leva su un aumento addizionale di 10
miliardi del capitale della Banca europea per gli investimenti e che
miri alla trasformazione ecologica dell’Europa e alla ricostruzione
della sua competitività.
Una volta che una nuova strategia macroeconomica avrà
iniziato a rilanciare l’economia e a creare posti di lavoro, l’Ue dovrà
rivedere la sua governance economica, tanto nelle regole quanto
nell’assetto istituzionale. Un riassetto meticoloso è inevitabile
(rendere le norme meno complesse, meno pro-cicliche e più inclini a
rispondere rapidamente ed efficacemente agli shock economici, rendere i
processi decisionali più democratici) e può essere raggiunto nell’ambito
dei trattati esistenti.
In secondo luogo, l’Europa deve rispondere in modo forte al
drammatico aumento delle disuguaglianze. Non ci sono prove del fatto che
la riduzione delle disuguaglianze comporti in futuro la riduzione delle
performance di crescita di una nazione. Di contro, gli attuali livelli
di disuguaglianza hanno dimostrato di generare instabilità economica e
di provocare effetti negativi per le nostre società sotto diversi
aspetti. Lanciamo un appello per una nuova strategia egualitaria. Tale
strategia deve portare avanti azioni politiche su più livelli (fisco,
salari, assicurazioni sociali e regolamenti) e puntare su una serie di
obiettivi volti alla riduzione delle disuguaglianze nei Paesi. In
definitiva, l’Ue deve andare verso una vera e propria Unione Sociale
Europea che sostenga i welfare state nazionali a livello sistemico,
guidando il sostanziale sviluppo di questi welfare state.
Infine, l’Ue deve garantire pari opportunità di vita per
tutti i bambini. Sappiamo che quando i bambini provenienti da famiglie
svantaggiate hanno un buon accesso a servizi per l’infanzia e a
un’istruzione di qualità – così come all’alimentazione quando sono a
scuola – le pari opportunità diventano un obiettivo realistico. L’Ue ha
un obbligo morale e un interesse economico nel ricostruire, in uno
sforzo congiunto degli stati membri, tale uguaglianza di opportunità. Le
azioni nazionali ed europee potrebbero essere condotte e coordinate
nell’ambito di un Programma europeo per le pari opportunità
dell’infanzia.
Noi crediamo che ci sia una via d’uscita, a condizione che
le carenze del sistema attuale e gli errori politici fatti siano, con
onesta e correttezza, identificati e superati. Ciò potrebbe fornire
l’occasione per un nuovo approccio capace di costruire una società
europea più egualitaria, prospera, ecologicamente responsabile e
stabile. Un tale modello potrebbe, a sua volta, influenzare il modo in
cui il mondo si evolverà nei decenni a venire.
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