BuongiornoMassimo GramelliniLa Stampa 28 maggio 2014
Ci sarà un giorno in cui nessun politico o funzionario di Stato
finirà sotto inchiesta per avere intascato soldi pubblici a palate. Però
oggi non è ancora quel giorno. Oggi è il giorno di Corrado Clini,
direttore generale e già ministro dell’Ambiente del sobrio Monti,
dislocato agli arresti domiciliari con l’accusa di avere sobriamente
collezionato mazzette per il risanamento ambientale di Iraq, Cina,
Montenegro, insomma del mondo intero tranne che dell’Italia, dove più
che di un risanamento ci sarebbe bisogno di un sanatorio per
rinchiudervi i pochi pazzi che si ostinano a volerle bene. Nella
danarosa vicenda non manca nessuno degli elementi classici della trama:
le false fatture, i conti cifrati in Svizzera dai nomi creativi (Pesce e
Sole, un tocco d’ambientalismo), il coinvolgimento di una «femme
fatale», la compagna del protagonista che a Cosenza fa l’assessore alla
sostenibilità ambientale e, a parere degli inquirenti, si sosterrebbe
benissimo da sola, molto meglio dell’ambiente.
Auguriamo a Clini e famiglia di uscire invitti dalle inchieste o, in
caso contrario, di restituire ai contribuenti il maltolto moltiplicato
per dieci. Ma la sua disavventura inquadra la vera sfida su cui si
giocherà la renzitudine di Renzi nei prossimi mesi. Il socialista Clini è
direttore generale del ministero dell’Ambiente dal 1991. Persino un
santo cederebbe alle tentazioni se vivesse incollato alla stessa
poltrona dai tempi di Andreotti. L’acqua che non scorre inquina. E
troppi ministeri in Italia sono stagni. Una sana politica ambientale
impone di cambiare ovunque l’acqua e possibilmente anche l’aria.
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