martedì 27 maggio 2014

Un altro 28 maggio


Adriana Apostoli

Brescia 28 maggio 2014

Non è la prima volta che quel che avvenne il 28 maggio di quarant'anni fa in Piazza Loggia a Brescia viene fatto oggetto di riflessione storica, politica, filosofica e religiosa.
Un evento così spaventoso non può non continuare a suscitare mille domande, cui è tuttavia ancora difficile dare risposte. Certo continuiamo ad avere “bisogno – come ripete Manlio Milani - di approfondirla fino in fondo la nostra storia, di far emergere tutta la verità di questi anni”.
Dietro ogni vita stroncata in quella Piazza c'era un universo di affetti e di progetti che è stato irrimediabilmente distrutto. Ma non vorrei, anche se è molto difficile, giocare sul filo dell’emozione, della memoria interna. Così come non vorrei affrontare l’aggrovigliato ma non inconcludente cammino processuale, fatto di verità storiche calpestate, di acquisizioni giudiziarie disperse, di punti di certezza ribaltati.
Quello che vorrei è ricondurre la “storia di una strage” nell’alveo della Costituzione italiana, legge fondamentale, nata dalle macerie del Secondo conflitto mondiale.
Innanzitutto perché la memoria esterna, quella che passa attraverso il ruolo giocato dalle istituzioni e dalla generalità delle persone, necessita e induce inevitabilmente ad un confronto diretto con le regole costituzionali.
Allo stesso modo, parlando della strage di Brescia, non si può prescindere da un confronto con quanto sancito nel Patto costituzionale, per comprendere quanto quell’accordo abbia tenuto alla prova dei fatti, quanto abbia retto all’uso politico della forza, alla violenza stragista.
Non va inoltre dimenticato che la manifestazione del 28 maggio - quella di allora innanzitutto ma poi tutte le successive - parla di Costituzione, è una manifestazione in difesa della Costituzione, dei suoi principi, dei suoi valori irrinunciabili: libertà, uguaglianza, giustizia, solidarietà, lavoro, scuola.
Parlare della strage di Brescia significa toccare con mano le difficoltà di una giovane democrazia che ha sofferto e soffre di molte imperfezioni ed assiste quotidianamente ai ripetuti strappi del suo tessuto costituzionale, perché troppi dei suoi principi, troppe delle conquiste che hanno e dovrebbero continuare ad alimentarla vengono ogni giorno impoveriti. Una giovane democrazia che ha pagato un prezzo molto alto per la difesa dei principi e dei valori sui quali si è fondata.
Quel patto costituzionale non è stato sempre rispettato. Troppe volte è stato violato. E doppiamente violato, non solo per l'abietta violenza di cui la nostra Piazza è stata testimone, ma anche perché, se è vero che l'unico modo che gli uomini hanno di riparare un torto è quello di rendere giustizia, il grande torto del 28 maggio 1974, pur essendo trascorsi quarant'anni, non è stato del tutto riparato. Democrazia incompiuta e bloccata, anche offesa, deviata e violentata.
Democrazia che, abbiamo bisogno di credere, abbia fatto tesoro dei suoi stessi errori.

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