giovedì 15 maggio 2014

Rai, la strategia del premier Tagli e sfida a Grillo sugli sprechi.


Corriere della Sera 15/05/14
Maria Teresa Meli

ROMA — «Andiamo avanti: su questo la gente sta con noi»: dopo il diverbio con Giovanni Floris e l’offensiva sulla Rai, Matteo Renzi, come gli è abituale, non innesta la retromarcia. Anzi va avanti spedito. Nemmeno il siparietto con i tecnici di Ballarò gli ha fatto cambiare idea. Il premier ha cercato di convincerli della bontà delle sue tesi. I suoi interlocutori gli hanno replicato seccamente: «Gli sprechi in Rai sono minori di quello che lei pensa e noi guadagniamo meno della concorrenza». Il presidente del Consiglio ha motteggiato così: «Allora non votate Pd». E quelli, di rimando: «Renzi, stai sereno».

Dunque, Renzi non arretra. Eppure la sua sortita sulla tv di Stato, una volta tanto, non è stata studiata a tavolino. È nata sul momento. Sull’onda di quello che il presidente del Consiglio ha considerato un uso improprio del servizio pubblico da parte di un conduttore con un super stipendio che difendeva interessi corporativi. Il che non significa, ovviamente, che il premier non abbia in mente, e da tempo, di cambiare il pianeta Rai. «Deve essere un’azienda aperta al mercato e all’innovazione, non l’attuale struttura mastodontica e dispendiosa. Occorrerà ridisegnare le sue funzioni, ci vorrà una nuova governance», continua a ripetere ai collaboratori e agli esperti della materia con i quali è solito confrontarsi sull’argomento.

«Nessuno vuole fare un favore a Mediaset»: Renzi giudica quanto meno «risibile» l’accusa che gli viene rivolta da una fetta del cosiddetto partito Rai. Però ritiene che, come sia necessario «mettere mano agli sprechi della politica e della burocrazia, occorra fare altrettanto con la tv di Stato». Vuole dire questo, il presidente del Consiglio, quando sostiene che anche la Rai è chiamata a fare la sua parte nell’ambito della «non più rinviabile spending review». Del resto, il segretario del Partito democratico, che ha dei particolari sensori rispetto a ciò che si agita nella società italiana, ha capito che in questa sua battaglia l’opinione pubblica non lo lascerà da solo né tanto meno gli si rivolterà contro. Anche perché su un punto il premier è chiaro: «Non ho la minima intenzione di impadronirmi della Rai — continua a ripetere a tutti — non ho nessun interesse a farlo, non è questo il mio obiettivo e non è questo ciò a cui penso quando immagino una tv di Stato trasformata, moderna e competitiva».

Siccome non ci sarà «nessun editto bulgaro né fiorentino», Renzi è sicuro che gli italiani saranno dalla sua, perché in tutti è diffusa una grande diffidenza per certi «sprechi» del servizio pubblico, per alcuni «mega-stipendi», per le lottizzazioni e le difese corporative dei sindacati interni. Ciò non significa che a viale Mazzini come a Saxa Rubra non ci siano «ottimi professionisti», anzi, ce ne sono tanti, ma è il sistema che non funziona, secondo il presidente del Consiglio. Il quale non sembra troppo spaventato nemmeno per la rivolta del «partito Rai», che ieri gli si è scagliato contro con particolare virulenza. Piuttosto, un atteggiamento del genere lo stimola allo scontro, tanto più perché è convinto di stare dalla parte del giusto, «perché — ripete spesso ai suoi — non ci possono essere sacche di sprechi e stipendi da favola quando c’è tanta gente che non riesce ad arrivare alla fine del mese». E poi, sottolineano i renziani, volete mettere la soddisfazione, di strappare a Grillo questa bandiera? Anzi, di costringere gli uomini del Movimento Cinquestelle a difendere l’«odiata» Rai facendosi scavalcare dal premier in questa battaglia?



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