Paola Caridi
Invisible Arabs
Spero abbiate letto il programma
ufficiale del viaggio di Papa Francesco. Il gesto di ieri, la sosta
di fronte al Muro di Separazione, sul lato palestinese, nella
Betlemme della Natività, risulta di gran lunga più chiaro dopo aver
scorso l’agenda ufficiale e i suoi tanti dettagli. Dettagli su cui
si può ragionare da domani, a visita conclusa, soprattutto dopo la
tappa di Gerusalemme.
L’immagine del Papa di fronte a un
Muro colmo di sofferenza pretende, comunque, una sosta. Una
riflessione. Il Papa non ha detto nulla. Ha compiuto un gesto, quello
di rendere visibile il Muro. Anzi, per dirla meglio, di imporre il
Muro all’attenzione di una stampa molto spesso distratta o
superficiale, oppure ignorante. O peggio.
Esercitare il dovere della verità non
è di tutti. Non è per tutti. Papa Francesco ha invece mostrato lo
scandalo, senza parlare, solo poggiando la mano sul Muro e facendosi
il segno della croce.
Il segno della croce… Lo fanno tutti
i venerdì alcuni uomini e donne, sacerdoti e suore, che percorrono
la via dolorosa accanto al Muro. Gruppo sparuto, testimone costante
dello scandalo e della vergogna di questo Muro, costruito da Israele
negli ultimi dieci anni. Uno sparuto gruppo che – ricordando quello
che Giorgio La Pira disse al suo allievo Vittorio Citterich in una
(quasi) deserta chiesa della Mosca sovietica – rende testimonianza.
Urla ciò che non viene scritto, e reso noto.
Mentre alcuni giornalisti si
dilettavano, alla vigilia della visita del Papa, a descrivere persino
le doti di questo Muro, nascondendone comunque la vista, Francesco lo
ha mostrato. In tutto il suo enorme scandalo. Senza dire nulla.
Perché qualsiasi descrizione è superflua.
Papa Francesco ha sciolto, ieri, il
nodo in cui mi ero attorcigliata per anni. Quel nodo che descriveva
il fallimento di noi giornalisti, incapaci di descrivere il Muro.
Afasici, nel cercare di far comprendere quanto sia inumano. Francesco
non ha parlato, lo ha toccato, e lo ha così mostrato. Lui, centro
della notizia per la stampa al seguito, ha costretto giornalisti
spesso distratti a mostrare ciò di cui molti di loro non avevano
voluto parlare, appena il giorno prima.
Eppure, quell’agenda ufficiale del
viaggio aveva già detto qualcosa, tra le righe. Aveva detto che Papa
Francesco quel Muro non voleva attraversarlo. Forse perché – è la
mia ipotesi – non voleva sancirne, avallarne l’esistenza. Era la
posizione, peraltro, di alcuni diplomatici di vaglia, negli scorsi
anni, quando il Muro cominciò a essere innalzato tra Gerusalemme e
Betlemme. Non passare attraverso quei varchi nel Muro per evitare di
renderlo cosa fatta, elemento della geografia del conflitto. I
consoli a Gerusalemme sono in sostanza consoli del corpus separatum,
più o meno. E il corpus separatum del 1947 comprendeva nei suoi
confini proposti non solo Gerusalemme, ma Gerusalemme e Betlemme
assieme, come un solo corpo. Bastava non passare dal Muro, per non
sancire lo scandalo. E invece da quel Muro siamo passati tutti…
Il Papa lo ha al contrario sorvolato,
in elicottero. Lo ha visto ferire la terra, sicuramente. E forse
proprio per questo ha fatto uno strappo al protocollo, è sceso e lo
ha toccato. Perché lo ha visto spaccare la terra e le genti.
Scandalosamente.
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