La vittoria è tutta di Renzi: ha dimostrato di avere intelligenza,
passione, pazienza e capacità di mediazione. Ha saputo convincere gli
italiani che l'Europa va cambiata e non buttata a mare
Parliamo dell’Italia prima ancora dell’Europa. La vittoria di
Renzi di queste dimensioni nessuno poteva immaginarla, perché non
conosciamo più il paese, e non da oggi per la verità. Il circuito chiuso
fra ceto politico e mezzi di comunicazione continua a tenere a distanza
la realtà, nell’illusione che sia quella che si immagina e descrive
tutti i giorni, senza averla mai seriamente frequentata.
L’esaurimento delle tradizionali forme-partito che in anni lontani
consentivano di avere “in casa” uno spaccato fedele della società e un
maledetto sistema elettorale che non impone più un ancoraggio serio
degli eletti con il territorio, costringono infatti nel migliore dei
casi a un effimero tentativo di conoscenza della realtà attraverso la
mediazione della letteratura sociologica o giornalistica. Ma non è
questo il modo.
Occorre rimettere le mani nella morchia del motore italiano. Non
conoscevamo infatti la rabbia del paese un anno fa quando è stata
intercettata e canalizzata dal M5S, non ci siamo resi conto oggi della
domanda di un nuovo baricentro politico che desse un minimo di stabilità
e sicurezza. Renzi invece aveva colto questa attesa anche se, immagino,
lui stesso sia stato sorpreso da un risultato di questa forza.
A lui va, dunque, il merito del coraggio e della generosità riversata
in campagna elettorale, ma soprattutto quello dell’intuizione di uno
spazio colmabile solo con una rivoluzione-responsabile. La vittoria è
sua, inutile chiosare. Una vittoria ancora più clamorosa se si considera
che al Pd, e a Renzi in particolare, era assegnata la parte più
difficile in queste elezioni: convincere gli italiani, che più di altri
avevano pagato il prezzo alto della crisi economica e delle ricette
europee, che l’Europa andava cambiata e non buttata a mare, e che
l’Italia avrebbe dovuto in questo passaggio elettorale mettersi in
condizione di poter giocare l’iniziativa di un tale cambiamento, non con
gli slogan elettoralistici e con l’isolamento nelle istituzioni
comunitarie. Gli italiani hanno capito e risposto in misura superiore al
prevedibile.
Quel 40,8% è ora un capitale, una forza, uno straordinaria
possibilità. È il ritrovato baricentro del sistema politico. È cioè il
“contenitore” delle risorse morali e politiche dell’Italia, come in una
certa misura lo fu per tanti anni la Dc. Non che il Pd stia diventando
simile alla Dc ma, come la Dc, è diventato ora il “partito nazione”,
come non era mai stata la sinistra, che rappresenta ovviamente da una
prospettiva diversa democratica e di sinistra, lo spirito del paese, di
tutto il paese, in cui si riconosce il paese.
In questo risultato ci sono dentro probabilmente tanti pezzi
dell’Italia contemporanea, in una certa misura oltre le tradizionali
categorie di destra e sinistra, oltre le ideologie del passato,
un’Italia secolarizzata ma non priva di valori, disponibile a sostenere
un disegno politico non amorfo ma solido e proiettato verso il futuro.
Bisogna ora riflettere seriamente su quanto è avvenuto e sapere che titubanze e nostalgie non ci sono consentite.
Il Pd è diventato un altro partito, forse è diventato il partito che
volevamo quando l’abbiamo fondato. Ora dobbiamo dare forma e fede
politica a questo pezzo ampio della società italiana che scommette su di
noi.
Ed è giusto che Renzi vada in Europa con tutto questo bagaglio di
forza, mobilitando le energie intellettuali e professionali che possono
aiutarlo a ideare le strade di un ricominciamento. Il Pd di Renzi, il
più grande partito nazionale del Pes, e la Cdu della Merkel, il più
grande partito dell’Epp, dovranno assumersi la responsabilità
dell’iniziativa. Purtroppo la Merkel non ha la fede europeista di Kohl
(che una volta sentii affermare: «L’euro è utile per ancorare ancor più
la Germania al destino comune europeo. È utile agli altri paesi per non
dover più diffidare della Germania, ed è utile alla Germania per non
poter confidare troppo sulla sua forza»), ma ora dovrà convincersi –
anche con l’aiuto dell’Spd – che l’Europa ha bisogno della generosità di
tutti i paesi dell’Unione a partire proprio dalla Germania. Occorre
intelligenza, passione, pazienza e capacità di mediazione. Mi pare che
possiamo dire che Renzi ha già dimostrato di possederle tutte.
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