Corriere della Sera 11/05/14
Martin Schulz, in tutto il mondo si
reagisce alla crisi con una politica di espansione e di investimenti.
L’Europa ha scelto l’austerità. Non è un errore?
«Certo
che lo è. Agire solo sul versante dei tagli è folle e sbagliato.
Dobbiamo far crescere i redditi e i consumi. La disciplina di
bilancio e gli investimenti strategici sono le due facce della stessa
medaglia».
Lei ha le sue responsabilità. E’ presidente del
Parlamento europeo. Candidato alla guida della Commissione. Ed è un
leader politico tedesco. L’austerità è la linea tedesca.
«Non
è così. In questi anni la Germania è stata in buona compagnia:
Austria, Paesi bassi, il mondo scandinavo...».
Ma a comandare è
la Merkel. Non è troppo potente?
«Mi viene mente Lineker,
quando diceva: “Il calcio è uno sport che si gioca in undici
contro undici e alla fine vince la Germania”. Purtroppo, non è
vero; come ben sapete voi italiani. La Merkel è senz’altro una
donna forte. Ma a Berlino non governa più da sola. Da quando i
socialdemocratici fanno parte della maggioranza, la politica tedesca
è oggettivamente cambiata».
Voi dell’Spd avete ottenuto
qualcosa sul piano interno, ad esempio sul salario minimo. Non sulla
politica europea.
«Non è così. Pensi all’unione bancaria.
Pensi alla tassa sulle transazioni finanziarie. Ma già il secondo
salvataggio della Grecia passò con i voti dell’Spd. Abbiamo
stabilito il principio per cui il rispetto dei parametri di
Maastricht non può prevalere sui diritti sociali: una conquista
fondamentale, che farà valere i suoi effetti nel tempo. E Sigmar
Gabriel, il nostro leader, ha detto chiaramente a Wolfgang Schäuble
che il ministro delle Finanze da solo non può fare la politica della
Repubblica federale tedesca».
Riuscirete anche a rompere il
tabù del 3% sul rapporto deficit-Pil?
«Il 3% va rispettato. Ma
per calcolarlo bisogna distinguere il debito dello Stato dalle spese
per l’emergenza e dagli investimenti per il futuro. Ad esempio, i
fondi spesi in via eccezionale per far fronte alla crisi bancaria non
devono essere computati nel calcolo del 3%. Lo stesso vale per gli
investimenti produttivi».
In un’intervista a «Le Monde»,
lei si è detto favorevole ad accordare un anno di tempo in più a
Francia e Italia per mantenere gli impegni di bilancio.
Conferma?
«Prendo atto che sia la Francia sia l’Italia hanno
detto di non aver bisogno di rinvii. Ma non è importante il tempo in
cui si consegue la stabilità; è importante la stabilità».
Di
questo passo, a vincere le Europee saranno le forze anti-europee.
Sarà una catastrofe? O potrebbe essere uno choc salutare, come
sostiene Prodi?
«Forse Romano ha bisogno di uno choc. Io sono
choccato già ora. Ma non dall’ascesa degli estremisti, che
considero un allarme esagerato; dai 27 milioni di disoccupati, dai
giovani senza lavoro, che sono il terreno fertile su cui gli
estremisti seminano. Oggi gli anti-europei hanno 90 seggi a
Bruxelles. Potranno averne 20 o 25 in più; ma non avranno alcun
impatto sulla direzione dell’Europa. Cosa cambierà se Marine Le
Pen avrà 8 o 10 o 12 seggi?».
Resta il fatto che la crisi
sociale dovrebbe rafforzare la sinistra. Invece non accade.
Perché?
«Sono convinto che la sinistra sarà il primo gruppo
al Parlamento europeo. Le do ragione però sul fatto che non c’è
lo spostamento a sinistra che vorremmo. Dobbiamo mobilitare il nostro
elettorato tradizionale, che è tentato dall’astensionismo e dal
populismo».
Come giudica Grillo?
«Grillo è vento. Come
si fa a giudicare il vento? Non vedo la sostanza. Berlusconi ha una
sostanza politica, su cui posso dare un giudizio. Grillo minaccia
ammende ed espulsioni per i deputati che non votano come dice lui.
L’ultimo a dire una cosa del genere è stato Stalin. O forse Hugo
Chávez. Se l’avesse detto in Germania, avrebbe dovuto temere
l’intervento della magistratura. La libertà di mandato dei
parlamentari è uno dei fondamenti della democrazia. Mi verrebbe da
dire che Grillo è espressione di un totalitarismo
moderno...».
Addirittura?
«Diciamo che si sente in Grillo
una tendenza autoritaria. In Spagna si direbbe caudillismo
».
Renzi?
«Coraggioso e combattivo. Vincerà le
Europee».
Cos’è successo tra lei e Berlusconi? Sono dieci
anni che vi beccate.
«Berlusconi è un fenomeno. Condannato al
carcere, se la cava con quattro ore alla settimana di volontariato.
Come attore, Grillo non vale Berlusconi».
Berlusconi ha vinto
tre volte le elezioni.
«Ma ha fallito. Ha lasciato l’Italia
con più debito e più disoccupazione».
Molti italiani, non
solo tra i berlusconiani, pensano che la Germania abbia raggiunto con
la pace lo scopo che aveva fallito con due guerre mondiali: imporre
la sua egemonia in Europa.
«Questo è falso. La grande
maggioranza dei tedeschi vuole “una Germania europea, non un’Europa
germanizzata”, secondo la formula di Thomas Mann. Su 700 miliardi
di euro messi per stabilizzare le finanze europee, 400 miliardi
vengono o sono garantiti dalla Germania. Non si può dire che i
tedeschi non siano solidali. Eppure, su questo le do ragione,
restiamo impopolari. Dobbiamo stare attenti a presentare i nostri
aiuti all’Europa non come carità ai più poveri, ma come un’azione
che rientra nell’interesse di un Paese il cui Pil è legato per il
35% all’export: la stabilità dei nostri vicini è la nostra».
Lei
è favorevole agli eurobond?
«Sì. Ma per gli eurobond ci vuole
l’unanimità. Oggi non ci sono le condizioni. E’ bastato però
che Draghi si dichiarasse pronto a intervenire comprando i buoni del
tesoro dei vari Stati europei, per far diminuire i tassi. Dobbiamo
appoggiare tutto quel che va verso la garanzia europea dei debiti
sovrani dei singoli Stati».
Draghi le piace?
«Draghi ha
salvato l’Europa».
L’euro è troppo forte?
«E’
eccezionalmente forte. Capisco le preoccupazioni dei Paesi
esportatori. Ma la materia è di competenza della Banca centrale
europea. Rispetto la sua autonomia».
Tsipras come lo
trova?
«Mi pare si stia socialdemocratizzando».
C’è un
pericolo Mosca per l’Europa?
«No. Mosca deve capire che un
Paese con potere di veto all’Onu non può violare il diritto
internazionale; e la Crimea rappresenta un vulnus. Ma, come dice
Obama, dobbiamo tenere un canale negoziale aperto, alla ricerca di un
terreno comune. Sono convinto che tra la Russia e l’Unione europea
ci sia un terreno comune».
Non prova imbarazzo nel vedere
Schröder che abbraccia Putin e lavora per Gazprom?
«Non
condivido tutto quello che fa Gerhard Schröder. Però, come ha
riconosciuto lo stesso Putin, il nostro ex cancelliere ha fatto
pressione perché i tedeschi ostaggio dei filo-russi fossero
liberati. Il che è avvenuto».
Il suo ultimo libro, pubblicato
in Italia da Fazi, si intitola «Il gigante incatenato». Vedremo mai
una vera unione politica europea, magari senza il Regno
Unito?
«Proprio Cameron faceva notare che nel 2040 nessun Paese
europeo sarà nel G8. La stessa Germania sarà soltanto la nona
economia al mondo. L’unione politica degli Stati sovrani europei
non è solo un sogno; è una necessità».
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