Corriere della Sera 31/05/14
Alessandro Capponi
ROMA — Per spiegare il momento di Sel
basta forse un passaggio dell’intervento di Ileana Piazzoni
(parlamentare, secondo molti sul punto di trasferirsi nel Pd):
«Ricevo continui insulti e messaggi minatori da un membro della
segreteria provinciale di Roma, è ora di finirla, basta!». Mica
facile: le voci si sono rincorse per giorni, «c’è una manciata di
parlamentari pronta a passare col Pd», e soprattutto c’è Gennaro
Migliore che punta a «un soggetto unico di sinistra» e la
maggioranza interna che guarda a Renzi e al governo con spontanea
diffidenza. «È folle anche solo parlare di scissione dopo il voto —
tuona il vicepresidente del Lazio, Massimiliano Smeriglio — il
risultato è che abbiamo anche impedito ai compagni di festeggiare».
Infatti non c’è scissione, non ora, non qui: se ne riparlerà
all’assemblea di metà giugno, forse, ma per il momento viene
approvata solamente la relazione di Nichi Vendola, e in sintesi è
ormai ufficiale che non ci sarà la costituente della sinistra, che
con la lista Tsipras ci sarà una collaborazione leale ma ognun per
sé, e che Sel, adesso, rimane all’opposizione.
Che il
discorso sul futuro sia solamente rimandato è abbastanza chiaro. Ciò
che faranno i singoli — sembra che almeno due siano sul punto di
scegliere il Pd — è tutto da vedere: «Il mio problema è come,
adesso — spiega Ileana Piazzoni — il gruppo dirigente legge la
realtà italiana, quasi a non cogliere il messaggio che viene dato ai
cittadini, di voler cambiare il Paese. Io vorrei invertire la rotta e
rimarrò finché non sarò certa che la prospettiva di Sel è quella
di chiudersi in un angolo. La mia sensazione è che adesso, dopo il
voto, tutto si sia rimesso in moto, anche il Parlamento. Ma non
vorrei che l’atteggiamento di altri sia quello di mettere assieme
tutto quello che non va di Renzi, come se gli augurassero il
fallimento...». In verità qualche parziale apertura parrebbe
arrivare anche dai vertici del partito: «Dobbiamo prima leggere il
decreto Irpef — sorride Nichi Vendola — io penso che sia sempre
positivo dare dei soldi ai lavoratori. Nell’ultimo trentennio la
ricchezza è stata trasportata dal lavoro alla rendita. Se ci sono
misure che capovolgono questa prospettiva, per noi va bene».
Voterete sì? «Bisogna vedere com’è il decreto: si possono
scrivere tante cose, buone o meno. Vedremo le coperture, dove il
governo ha intenzione di andare a prendere i soldi». Di certo «noi
non abbiamo detto che gli 80 euro sono una mancia per il voto di
scambio. Non abbiamo fatto questa polemica». Si vedrà, dunque:
Vendola si augura che «la leadership del M5S venga rimossa» e tende
la mano «a chi, nel Pd, vuole costruire la sinistra, come Civati».
Ma di certo le voci contrarie a un avvicinamento al governo sono la
stragrande maggioranza. Fabio Mussi aspira una boccata dal sigaro e
ragiona: «Il Paese si muove con sveltezza, non è detto che questo
sia trionfalismo sia duraturo, gli assetti cambiano, c’è la crisi,
ci sono le politiche di austerity dell’Europa, potrebbero arrivare
guai...». Nicola Fratoianni: «Entrare in questo governo è una
prospettiva insensata». E poi c’è Gennaro Migliore, che
nell’intervento ricorda «gli insulti ricevuti sui social network»
e poi, mentre Vendola parla, se ne sta seduto sul fondo della sala,
non alza mai la testa.
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