Corriere della Sera 30/01/15
Aldo Cazzullo
Più che un patto, si è rivelato una
beffa. Il nome che il suo alleato ed erede putativo Renzi ha tirato
fuori è il simbolo di quel che Berlusconi detesta di più. Da sempre
l’ex premier considera gli uomini della sinistra Dc i suoi atavici
nemici: quello che per loro è rigore, per lui è grigiore; quello
che per loro è moralità, per lui è moralismo. Loro si chiamano
cattolici democratici, lui li chiama cattocomunisti. Così Berlusconi
si è sentito tradito da un governo di cui si considerava il socio di
minoranza.
M entre tra gli ex comunisti Berlusconi ha spesso
scelto uomini con cui dialogare — D’Alema innanzitutto, ma per
qualche tempo anche Veltroni —, i cattolici di sinistra sono da
sempre in conflitto con i suoi referenti politici, fin da prima della
discesa in campo: dorotei e socialisti. E loro non hanno mai nascosto
di provare nei suoi confronti una distanza antropologica prima che
politica.
Sergio Mattarella non è soltanto il ministro che si
dimette perché Andreotti ha posto la fiducia sulla legge Mammì, che
salvaguarda il monopolio di Arcore sulle tv private; è il dirigente
del Partito popolare europeo che definisce «un incubo irrazionale»
l’ingresso di Forza Italia nel Ppe, appoggiato dallo stesso
Kohl.
La sobrietà del personaggio agli occhi di Berlusconi
diventa noia; la sua passione per la giustizia, giustizialismo. Quel
che per l’uno è una virtù, per l’altro è un vizio. Per questo,
e non soltanto perché ieri mattina l’ha trattato male al telefono,
Berlusconi è davvero risentito con Renzi. Che ha tenuto insieme il
Pd e individuato una figura moralmente inattaccabile che
difficilmente gli farà ombra, almeno dal punto di vista mediatico.
Ma ha capovolto lo schema con cui aveva governato per un anno, in
sostanziale accordo con Forza Italia.
Enrico Letta, ieri
insolitamente loquace, si augurava che l’ex Cavaliere ci
ripensasse, e finisse per sostenere o almeno non ostacolare
Mattarella: «La legge Mammì è storia di venticinque anni fa.
Anch’io vengo dalla sinistra Dc; eppure Berlusconi ha votato il mio
governo. Fare politica significa cambiare. Dicono che Mattarella alla
Corte costituzionale si è sempre opposto alle istanze di Berlusconi?
E come fanno a dirlo? I giudici costituzionali si esprimono in
segreto». Un ripensamento in effetti è sempre possibile,
sollecitato da Confalonieri e Gianni Letta, oltre che dai centristi
affezionati ai loro posti di governo e preoccupati da una rottura con
Renzi. Ma Berlusconi dovrebbe davvero far violenza a se stesso.
Non
è affatto detto che, se salirà al Colle, Mattarella si rivelerà un
presidente apertamente ostile all’ex premier, come Scalfaro (che
non veniva dalla sinistra Dc). Il processo che preoccupa di più
Berlusconi è quello sulla compravendita dei senatori, dove non ci
sono «olgettine» che negano, ma un parlamentare, Sergio De
Gregorio, che sostiene di aver ricevuto denaro in cambio del
passaggio da sinistra a destra, dalla risicata maggioranza di Prodi
(lui sì ex dc di sinistra) all’opposizione. In caso di condanna,
un gesto di clemenza proveniente dalla parte lesa sarebbe più
praticabile e utile per Berlusconi di un impossibile salvacondotto
generale.
Si apre uno scenario lungo sette anni, in cui gli
umori e le attitudini del Quirinale, di Palazzo Grazioli e di Palazzo
Chigi possono incrociarsi ed evolvere in modi oggi imprevedibili.
Resta il fatto che oggi Berlusconi si è sentito tradito dall’uomo
che percepiva come il proprio autentico erede politico. È probabile
che i due facciano pace. Renzi se lo augura, anche perché — a
differenza di Scalfaro, di Prodi, di Fini e di altri — non ha
ancora sperimentato cosa significa avere contro la macchina
editoriale berlusconiana.
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