massimo gramellini
La Stampa 24 gennaio 2015
Quando le chiedevano di partecipare a
una marcia contro la guerra, madre Teresa di Calcutta rispondeva che
lei preferiva manifestare a favore della pace. Non occorre essere una
santa per capire che chi va contro qualcosa non fa che infonderle
ulteriore energia. Ma la sinistra massimalista italiana ha la
psicologia di un bimbo capriccioso. Sempre «anti», «contro»,
«non», identifica se stessa soltanto in contrapposizione a un
nemico. Ancora ieri Vendola e Civati hanno proposto un candidato NN
per il Quirinale. Dove la sigla evocatrice di orfanotrofi e
solitudini strazianti sta per Non Nazareno, il famigerato patto che
Matteo Renzusconi avrebbe stretto un anno fa con Silvio Berlenzi nei
sotterranei della sede Pd (il Nazareno, appunto). Potevano chiamarlo
candidato della Sinistra, che non è mica una parolaccia, o candidato
della Costituzione. Potevano chiamarlo candidato Bella Ciao, l’inno
partigiano cantato a squarciagola da tutte le sinistre europee che si
battono per vincere le elezioni e non per farle perdere a qualcun
altro. E invece Non Nazareno. Cioè, ancora una volta, un’iniziativa
politica costruita contro qualcuno anziché intorno a qualcosa.
Persino i ciclici innamoramenti per un
papa straniero (Blair, Zapatero, adesso Tsipras) sono la spia di
quella regola del Non che i notabili della sinistra nostrana
applicano anzitutto al loro interno, bruciandosi le carriere a
vicenda in reciproci soprassalti di gelosia. Tsipras va bene finché
se ne rimane tranquillo ad Atene. Il giorno in cui decidesse di
trasferirsi a Roma partirebbe subito la ricerca di un candidato NGG,
Niente Greci Grazie.
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