Corriere della Sera 10/01/15
Francesco Verderami
Anche per il Colle nasce l’era del
bipolarismo.
«Signorsì» o «signornò»: ecco il modello
all’italiana applicato al Quirinale, e su cui — ormai da
settimane — due contrapposti e trasversali schieramenti stanno
scavando in Parlamento una linea di trincea, in attesa di scegliere
il successore di Napolitano. Optando per un «signornò», per un
capo dello Stato «autonomo dal premier», gli avversari di Renzi
mirano a evidenziare come il segretario del Pd preferirebbe invece un
«signorsì», un presidente della Repubblica taglianastri, che non
intralci l’azione di Palazzo Chigi.
Il bipolarismo
quirinalizio è l’ultima frontiera nella storia della corsa al
Colle, ed è anche uno strumento con cui alleati e avversari di Renzi
cercano di interpretare le sue mosse, così da capire per tempo
l’identikit che ha in mente. E in mente — a seguire questo schema
— il premier non ha certo il nome di Prodi e nemmeno quello di
Draghi, che nonostante abbia detto di non voler «fare il politico»
è stato tirato nuovamente in ballo sulla Stampa da Monti, secondo
cui il presidente della Bce è «tra i nomi accreditati» per salire
al Quirinale.
Quanto al fondatore dell’Ulivo, finora Renzi è
stato abile a sfruttare i veti altrui: quello di Berlusconi
soprattutto, che a suo dire «non lo voterebbe. E siccome noi
dobbiamo puntare su un nome che sia largamente condiviso...». Perciò
le quotazioni del Professore sono basse, anche se tra gli avversari
del premier c’è chi lavora per la sua elezione: «Dovremmo far
crescere il nome di Romano nelle prime votazioni», ha detto di
recente il leader di Sel, Vendola, al democratico Civati. E sebbene
Prodi ripeta sempre a tutti di non fare «il mio nome tanto non ce la
farei», tra i suoi fedelissimi c’è chi si lavora lo schieramento
dei «signornò», confidando nello spirito di riscatto dei grillini
e nella voglia di rivalsa dei fittiani.
Assai di verso è il
gioco di Renzi, additato come capo del fronte dei «signorsì».
Malgrado ufficialmente dica di voler attendere le dimissioni di
Napolitano prima di parlare di Quirinale, il premier ha già iniziato
a sondare i leader di partito e i dirigenti del suo partito: colloqui
bilaterali, come si addice a chi non si fida nessuno. Contando sulla
riservatezza ha parlato con Berlusconi, che però non ha resistito a
raccontare brani del colloquio. «Gli ho detto: “Matteo, e
ricordati che per la presidenza della Repubblica ci sarebbe sempre il
nome di Gianni Letta. E lui mi ha detto: “Eh, magari. Peccato che i
miei non lo voterebbero”».
Ecco l’ennesima dimostrazione di
come sia saldo il patto tra i due, ecco il motivo della diffidenza di
quanti parlano con Renzi e il Cavaliere. A cui il premier ha lanciato
dei segnali sul nome di Mattarella e su quello di Visco. Due nomi
diversi ma che riconducono allo schema del segretario pd: da un lato
l’ex ministro della Dc e dell’Ulivo che non è più in politica,
dall’altro l’attuale governatore di Bankitalia che non ha mai
fatto politica. Così facendo, Renzi sembrerebbe voler puntare su
personalità che non sono in politica.
C’è un motivo quindi
se alcuni dirigenti della minoranza Pd, tutta schierata con il fronte
del «signornò», gli hanno proposto di candidare «in prima
battuta» un esponente del partito. Un filo rosso porta a Fassino,
ultimo leader dei Ds e oggi vicino a Renzi, che lo ha citato in
alcuni colloqui senza esporsi. Il sindaco di Torino ha sondato
Berlusconi per capire se «c’è un veto di Forza Italia sul mio
nome». Il punto è se c’è la disponibilità di Renzi, che ieri ha
rilanciato la sua scommessa: «Alla quarta votazione avremo il nuovo
capo dello Stato».
Se è un bluff si vedrà, ma una cosa è
certa: nell’era del bipolarismo quirinalizio, Renzi non adotterà
le liturgie del passato. La rosa di nomi, per esempio, non si adatta
al «politico last minute», come il premier è stato soprannominato
in Consiglio dei ministri. Semmai userà questo strumento per poi
giocarsi a sorpresa la sua carta. «Renzi tratterà solo se alla
quarta votazione non sarà passato il suo candidato», dice
Cicchitto. È su questo che punta lo schieramento del «signornò».
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