mercoledì 12 marzo 2014

Non riaprite il congresso per favore

Mario Lavia 
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Pur con due grosse ammaccature l'Italicum è stato portato a casa. Ma Renzi rischia, con un Pd così diviso
Pur con tutti i lividi e le ammaccature che abbiamo visto, l’Italicum è stato portato a casa, almeno alla camera. A venti giorni dall’insediamento del nuovo governo, è un record. Se verrà seguito dalla fondamentale riduzione del cuneo fiscale attesa per oggi, sarà un doppio record.
Le ammaccature sono soprattutto due: l’efficacia della legge limitata alla camera; e l’affondamento della parità di genere, incredibilmente “dimenticata” nel patto Renzi-Berlusconi e bellamente silurata da “tiratori” trasversali (e compattamente dai Cinquestelle). Non è poco. È il prezzo – anche troppo salato – che si paga all’obbligo politico di avere una nuova legge elettorale approvata non dalla sola maggioranza.
Maggioranza che ha tenuto, sia pure con perdite. Nel Pd ci sono stati evidenti problemi politici. E – meno evidente ma leggibilissima – c’è stata da parte della minoranza la volontà di colpire, attraverso l’Italicum, la partenza del governo Renzi. Si sono riascoltati esponenti politici, parole e toni molto in voga all’epoca delle primarie-congresso. Un congresso chiuso tempo fa con il risultato che conosciamo e che nessuno potrà resuscitare.
Ma è un problema, per Renzi, quello di un dissenso che non si riassorbe, anzi, si solidifica. Perché è chiaro che quando il gruppo si riunisce e poi ognuno fa come gli pare (a scrutinio segreto, ma in misura minore anche a scrutinio palese) alla lunga si rischia. Tanto più se i progetti del governo avranno – come pare – tempi più lunghi di quelli previsti, sia sulla riforma del senato che sul Jobs Act: leggi complesse, dunque “impallinabili” a più riprese.
Insomma, quello che vogliamo dire è che il presidente del consiglio dovrebbe riesaminare il dossier per forza di cose abbandonato del funzionamento del suo partito, non illudendosi che palazzo Chigi ordina e l’intendenza seguirà.
Magari non è la cosa che più gli piace. Ma senza riprendere le redini del Pd le sue grandi riforme rischiano di galleggiare come iceberg alla deriva. E sarebbe davvero un peccato imperdonabile se la riduzione delle tasse o le riforme istituzionali dovessero crollare sotto il peso di vecchie vendette.

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