venerdì 14 marzo 2014

Lo studio Proforma e il portavoce Sensi hanno preparato slide e slogan per l’incontro del premier con i giornalisti


FRANCESCO BEI
La Repubblica - 14/3/2014

Dietro lo show gli stessi guru delle primarie ma decide tutto Matteo, anche il pesce rosso
La katana sguainata dal samurai Renzi, la spada per abbattere «il nostro nemico: quelli che “si è sempre fatto così». Il pesciolino rosso che nuota nella sua boccia. Lo split screen, uno schermo diviso a metà per proiettare le slides e — simultaneamente — il volto del leader che le sta illustrando. Tutto è stato studiato nei minimi dettagli nella conferenza stampashow dell’esordio del premier. Tutto.
Dietro ogni scelta grafica, ogni slogan, c’è una riunione, uno studio. E una doppia firma. Quella dello staff comunicazione di palazzo Chigi, coordinato dall’ex vicedirettore di Europae blogger Filippo Sensi. E quella dei maghi di Proforma, lo studio grafico barese che ha firmato molte campagne di successo della sinistra italiana, dal sindaco Emiliano a Nichi Vendola, da Bertinotti a Bersani (alle primarie 2009 lo slogan “un senso a questa storia” era loro). L’unico dirazzamento a destra è stato con Scelta civica di Monti, di cui i ragazzi di Proforma disegnarono il logo.
Con Renzi il rapporto nasce alle ultime primarie. Ma allora c’era un vero contratto commerciale. Stavolta il lavoro sulle slides è stato fatto in amicizia. Pro bono. «Matteo — racconta il capo dei creativi Giovanni Sasso — ci ha chiamato lunedì scorso, a sole 36 ore dall’evento, e ci ha chiesto una mano. Lui lavora così e noi gli abbiamo detto di sì senza pensarci un attimo ». L’immagine iconica con il pesciolino rosso, diventata per misteriosi meccanismi della comunicazione il simbolo stesso della svolta, è di Sasso: «Inizialmente l’avevamo pensata per simboleggiare l’operazione trasparenza della Pubblica amministrazione. La boccia di vetro trasparente, appunto. Poi quel pesciolino ce lo siamo ritrovati come rappresentazione del silenzio di Renzi sulle riforme che verranno.
È stato lui a usarlo in modo opposto ». Un dettaglio che alza un altro velo sul modo di lavorare del premier. Chiede contributi, assorbe tutto come una spugna, procede per accumulazione, ma poi decide in solitudine cosa mandare all’esterno e come. Il titolo dell’evento, #laSvoltabuona, è farina del suo sacco. Così come l’idea di usare lo “split screen”, lo schermo doppio, copiata pari pari a Barack Obama, che lo ha usato nell’ultimo discorso a gennaio sullo Stato dell’Unione. Renzi lo ha visto e ha preso l’idea. «Ma è stato più bravo di Obama — scherza Sasso — perché il presidente americano aveva un valletto che scorreva le slides per lui, Renzi invece ha chiesto il telecomando per sincronizzare le immagini con il suo ritmo di esposizione ». La fascinazione per i metodi rivoluzionari della comunicazione obamiana è del resto antica. Renzi lo andò a conoscere tre anni fa e, a settembre 2012, partecipò da osservatore alla Convention dell’Asinello a Charlotte. Anche lo slogan della Leopolda — «Il meglio deve ancora venire» — era ricalcato dal «the best is yet to come» con cui Obama salutò la rielezione. All’intuizione leaderistica di Renzi si deve anche la scelta di parlare, da solo, dal palchetto di solito usato dai portavoce per dare la parola ai giornalisti. Niente ministri intorno.
Renzi non li ha voluti per evitare l’effetto Politburo sovietico ed esaltare la sua immagine.
Se Proforma ha dato una mano con le immagini e gli slogan, dietro molte “americanate” del premier c’è invece la manona di Filippo Sensi. Personaggio schivo, restio ad apparire e allergico alla definizione di spin doctor. Ma il suo ruolo lo conferma il ministro Maria Elena Boschi: «È stato Filippo a lavorare sulla conferenza stampa». Anche il portavoce e braccio destro Lorenzo Guerini smentisce la consulenza di guru americani, come pure qualcuno aveva iniziato a sospettare: «Ma quali guru?! Facciamo tutto in casa, come le tagliatelle ». A Sensi si deve la decisione, scomoda per i giornalisti ma utile per le casse pubbliche, di evitare l’ampia e iper-tecnologica sala polifunzionale della presidenza del Consiglio. Un anfiteatro di legno nella bella galleria Alberto Sordi, usato in un paio di occasioni da Mario Monti. Il problema è che per allestirlo servono tecnici esperti, riscaldamento ed elettricità: si può arrivare a spendere per una conferenza stampa 15-20 mila euro. Quando Sensi ha chiesto un preventivo gli si sono rizzati i capelli e ha scelto di ripiegare sulla angusta saletta al piano terra di palazzo Chigi. Gratis la consulenza di Proforma e gratis anche la sala: in tempi di spending review al governo hanno capito che non era il caso di avere pubblicità negativa.
La forma è sostanza, insegnava Aristotele. Ma se l’infiocchettamento grafico, la confezione del pacco, è stata importante, sui contenuti invece hanno lavorato tutti i ministri. La regia, la raccolta finale, l’hanno fatta in due: Renzi con il fidato Graziano Delrio, ormai deus ex machina di palazzo Chigi.



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