domenica 30 marzo 2014

Gli italiani e il vento antieuropeo: uno su due chiede più unione.


Corriere della Sera 30 marzo 2014

Il risultato elettorale del Front National di Marine Le Pen alle elezioni francesi di domenica scorsa rappresenta una conferma di quanto i sondaggi stavano evidenziando da tempo: nell’opinione pubblica soffia un crescente vento di anti-europeismo, alimentato dalla crisi economica, dai vincoli comunitari e dalle severe misure imposte dall’Ue agli stati membri e da un’immagine arcigna e tecnocratica che sembra prevalere tra i cittadini europei. Le elezioni del 25 maggio saranno un vero e proprio banco di prova per il futuro dell’Europa. A tale proposito la metà degli italiani ritiene che la tendenza antieuropeista riguarderà sicuramente (13%) o molto probabilmente (37%) anche il nostro paese. Si tratta di un’opinione molto trasversale, dato che la pensa così all’incirca la metà degli elettori di tutti gli schieramenti, con l’eccezione dei centristi. Quali sono i leader italiani che esprimono le posizioni più critiche nei confronti dell’Europa? Innanzitutto il segretario della Lega Nord Matteo Salvini (26%), strenuo oppositore dell’Ue e dell’euro che aveva provocatoriamente definito «un crimine contro l’umanità». A poca distanza lo segue Beppe Grillo (23%), poi Matteo Renzi (15%) e Silvio Berlusconi (12%). Il premier prevale tra degli elettori del Pd e del centrosinistra, con il 31% delle citazioni, e ottiene un risultato più elevato tra le donne, le casalinghe e le persone meno istruite. Pur non assumendo posizioni radicali nei confronti dell’Ue, Renzi ha fatto registrare un cambio di strategia comunicativa in confronto ai suoi predecessori i quali, peraltro, erano stati accolti dai partner europei con grandissimo favore, perché risultavano credibili e soprattutto rassicuranti riguardo al rispetto degli accordi comunitari. Renzi non si sottrae agli impegni presi dal nostro paese, ma fa la voce grossa, usa frasi ad effetto («basta compiti a casa, l’Italia sa perfettamente cosa deve fare e lo farà da sola, per il futuro dei nostri figli») che danno orgoglio agli italiani e soprattutto risultano in grande sintonia con quella parte del paese che non mette in discussione l’appartenenza all’Ue ma auspica un profondo cambiamento di atteggiamento (e di regole). Insomma, Monti e Letta hanno riassegnato prestigio all’Italia, Renzi vuole apparire meno docile e remissivo. L’Europa si trova in mezzo a un guado, gli atteggiamenti nei confronti del processo di integrazione degli stati membri appaiono spesso ambivalenti. Nonostante la fiducia nell’Ue sia diminuita significativamente dalla crisi greca in poi (dal 78% al 58%) e malgrado sia largamente diffusa l’insoddisfazione nei confronti delle politiche europee e della moneta unica, la nostra permanenza nell’Ue e il mantenimento dell’euro non sono messi in discussione. Anzi, la maggioranza degli italiani (54%) vorrebbe più unione tra i paesi europei, il 29% al contrario preferirebbe meno unione e il 14% si dichiara soddisfatto della situazione attuale. I più favorevoli ad un ulteriore integrazione tra i paesi sono i giovani, gli studenti, i ceti medi impiegatizi, le persone più istruite e gli elettori del centrosinistra e, sorprendentemente, del Movimento 5 Stelle; al contrario si osservano divergenze di opinioni all’interno degli elettorati centristi e del centrodestra. Ma la percezione espressa degli intervistati rispetto agli atteggiamenti degli italiani riguardo al processo di unione tra i paesi, appare molto più contrastata: il 43% pensa che i nostri connazionali desidererebbero più unione, ma il 38% ritiene che ne vorrebbero meno. Insomma, i rispondenti sembrano dire in larga misura: noi auspichiamo più integrazione ma gli italiani no. E il risultato elettorale francese sembra essere alla base di questa percezione. L’Europa continua a rappresentare un valore importante per la maggioranza degli italiani ma, accanto ad una minoranza che mette in discussione la nostra appartenenza, emerge una sempre più diffusa domanda di cambiamento di un’entità vissuta come severa (per le misure talora draconiane imposte agli stati membri), focalizzata sui temi economici e distante dalle questioni che riguardano la vita dei cittadini come il lavoro, la sanità, l’istruzione, la giustizia, il welfare, l’ambiente, l’immigrazione. La campagna elettorale per l’elezione del parlamento europeo è solo agli inizi. Come di consueto, una parte rilevante degli elettori esprimerà il proprio voto pensando più alla politica nazionale che al parlamento comunitario. E per molti partiti sembrano essere elezioni decisive per il loro futuro nazionale. Tuttavia mai come in questa tornata elettorale si ha l’impressione di essere di fronte ad una sorta di referendum pro o contro l’Europa. E sarà forte la tentazione da parte dei partiti e dei leader di inseguire i malumori dei cittadini

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