lunedì 2 giugno 2014

“È la rivolta di chi ha paura di poter perdere i suoi protettori”


ALBERTO D’ARGENIO
La Repubblica – 2/6/2014

Angelo Guglielmi, ex direttore Rai Tre “Ridicolo ridurre tutto a 150 milioni”


«Serve un discorso più alto, non riduciamo la riforma della Rai all’opposizione al taglio di 150 milioni o alla voglia di punirla per gli sprechi. La televisione pubblica deve essere trasformata in una azienda che sappia pensare con prospettive ampie, che sappia fare prodotti che non guardino solo al mercato italiano». Per Angelo Guglielmi - critico e dirigente televisivo, direttore che dal 1987 al 1994 ha lanciato Rai 3 fino ad allora l’ancella tra le reti pubbliche - chi ha indetto lo sciopero contro la riforma annunciata da Renzi «rappresenta la vecchia Rai dei partiti».
Cosa pensa dello sciopero dell’11 giugno?
«Lo capisco poco, è una protesta contro qualcosa che da sempre la Rai ha finto di reclamare, cioè il liberarsi dai partiti. Oggi che sono vicini a questa impresa si ribellano, si ribellano contro la possibilità che il loro stesso desiderio si realizzi. La Rai si sente sola, abbandonata e per questa ragione organizza un poderoso sciopero. Dico poderoso perché è la prima che volta nella storia della Rai segretarie, impiegati, dirigenti, giornalisti e tecnici scioperano insieme».
Cosa li muove a suo giudizio?
«La Rai era una realtà protetta dai partiti, i padroni da rispettare, ai quali obbedire e da servire. Fino ad oggi la Rai e i suoi dipendenti li hanno assecondati, salvo poi qualche volta ribellarsi al ruolo di servitori del re. La rivolta di oggi è contro il fatto di non vedersi più protetti da coloro che erano i proprietari, ovvero quegli stessi partiti. Sono trent’anni che in Rai si invoca questa riforma, e ora protestano».
Lei non lo avrebbe fatto?
«Mi aspettavo che la Rai esultasse rispetto alla prospettiva di riforma, ma invece cade nel panico producendo questa protesta così rumorosa. La Rai non ha protestato in modo così compatto nemmeno in casi eclatanti in cui l’indipendenza, non solo della tv pubblica, e la democrazia del Paese correvano pericoli».
Dunque è d’accordo con Renzi.
«Renzi non vuole distruggere la Rai, credo che il timore e il panico che si sono diffusi non abbiano tutte le ragioni d’essere: la Rai e la sua difesa erano i partiti ma la difesa della Rai è anche la sensazione diffusa nel Paese che sia una mamma, non c’è italiano che non abbia avuto o pensato di avere vantaggi dalla Rai, è l’unico luogo dove esiste ancora il posto fisso. Sono privilegi che rischiano di essere messi in discussione mentre la Rai viene percepita come un luogo non esposto al vento dell’attualità. Siamo di fronte a un caso unico!».
Ma lo sciopero è per il taglio di 150 milioni annunciato dal premier.
«È ridicolo ridurre tutto a 150 milioni, è un taglio che qualche sofferenza la provocherà ma in relazione ai bilanci annuali della Rai è una protesta sproporzionata. E poi qui si sta parlando di dare corpo e completezza allo spirito di rinnovamento, il punto è trasformare la Rai in una grande impresa culturale che sappia allargare i propri orizzonti di produzione e di pensiero. Non può proseguire con Don Matteo e con le commesse, dovrebbe fare le grandi fiction come fanno negli Stati Uniti».
Lei la Rai come la riformerebbe?
«Non guardando solo alla Rai che ponga fine agli sprechi, ma affrontando un problema più grande. Vorrei una Rai trasformata in una grande impresa a vocazione industriale che sappia produrre come la Bbc, non solo per uso domestico ma pensando in grande».



Nessun commento:

Posta un commento