Vent'anni fa, il 13 luglio 1994, il governo Berlusconi tentava il
colpo del salva-ladri mentre l'Italia giocava in Usa. Oggi tutt'altro
clima e riforme ben diverse: siamo all'uscita dal tunnel. Solo
Berlusconi c'è ancora, ma non è più lui.
Seguivo ieri Maria Elena Boschi e Marianna Madia, angeliche su
sfondo azzurro nella sala stampa di palazzo Chigi, parlare di
semplificazione fiscale, snellimento della pubblica amministrazione e
riforma del senato. Nell’atmosfera della giornata mundial, è stato
inevitabile riandare a un altro consiglio dei ministri. A quello del 13
luglio 1994, vent’anni fa, quando le ore della vigilia della semifinale
con la Bulgaria (finita meglio della partita di ieri) vennero sfruttate
dal giovanissimo governo Berlusconi per provare a piazzare il decreto
Biondi, il cosiddetto “salva-ladri” contro il quale dovette mobilitarsi
la procura di Milano: fu il primo atto della guerra tra magistrati e
Forza Italia, il colpo d’avvio di una vicenda che ha fatto tanto male al
paese e tuttora si trascina.
La memoria andrebbe coltivata. Se non altro per apprezzare le
differenze e consegnare alla storia quel clima di contrapposizione
militante e paralizzante, di allarme democratico permanente, di colpi di
mano e mobilitazioni.
Renzi e il Pd stanno per varare la agognata fine del bicameralismo
perfetto insieme a Berlusconi (e a diversi altri interlocutori
politici). Forse anche la nuova legge elettorale. E nel frattempo fanno
(senza Berlusconi) molte altre riforme che incidono sulla vita
quotidiana, dalla semplificazione dei rapporti col fisco e con la
burocrazia a quella del terzo settore. Vent’anni dopo quelle giornate di
luglio – pare incredibile solo a dirlo – sta per vedere la luce anche
una prima vera riforma della giustizia civile e penale, cioè si
interviene in un campo finora assolutamente inavvicinabile, disseminato
di mine anti-ministro piazzate da ogni parte politica e da ogni
corporazione.
Non c’è solo da valutare quante cose siano cambiate dal ’94, questo è
perfino ovvio. L’unica costante rispetto ad allora è la presenza sulla
scena di Berlusconi, ma è come fossero due persone diverse: il premier
che tentava colpi di mano per proteggere i colletti bianchi è ormai
raggiunto dalle condanne, ed è politicamente talmente indebolito da
dover agevolare riforme di cui potranno giovarsi solo i suoi avversari.
La sua recente timida evocazione di un contraccambio sul piano
giudiziario è talmente inverosimile da non aver scandalizzato neanche
gli scandalizzati di professione.
La verità è che questa agenda politica nella quale compare di tutto,
ma nulla che possa essere ricondotto ad personam, ci conferma che siamo
davvero alla porta d’uscita dell’interminabile buio corridoio imboccato
tanto tempo fa.
Nessun commento:
Posta un commento