PIERO IGNAZI
La Repubblica - 26/6/14
“Sì alle preferenze ma resti il ballottaggio” La svolta tripolare
L’incontro tra Pd e M5S porta tre
novità nella politica italiana. Offre un’immagine meno
decisionista e più dialogica ad un Pd che sembrava voler procedere
nelle riforme con un passo da Blitzkrieg. Mostra un Movimento 5Stelle
lontano anni luce dall’arroganza post-elezioni politiche .
MODIFICA , in prospettiva, le dinamiche
del sistema partitico, fin qui ingessato in una diarchia, a volte
conflittuale, a volte consensuale, tra Pd e centro-destra.
Il Pd sta prendendo atto, giorno dopo
giorno, del peso e della responsabilità conseguenti all’essere
diventato il partito di gran lunga maggioritario del nostro Paese. Le
pose eccessivamente assertive della leadership democrat dei primi
tempi hanno lasciato posto ad una certa ponderatezza, frutto di una
maggiore, autentica, sicurezza. L’obiettivo dei mille giorni, cioè
di una governabilità di lungo periodo nel corso della quale
realizzare il programma riformatore, conferma questo nuovo respiro
del governo. Le stesse dichiarazioni di Matteo Renzi all’indomani
delle elezioni europee avevano il to- no grave di chi è consapevole
che, con quel voto, le responsabilità crescevano di scala. Vale a
dire che, dopo maggio, non ci sono più alibi: grava tutto sulle
spalle del Pd. Agli onori elettorali corrispondono gli oneri del
governare, o meglio, del ben governare. Da questa consapevolezza sono
venuti la disponibilità all’incontro con il M5S nonostante le
polemiche durissime di questi ultimi mesi e l’atteggiamento aperto
e dialogico durante il vertice di ieri. Rispetto al prendere o
lasciare di qualche tempo fa, (forse tattico per evitare di
incagliarsi al proprio interno) sentire Renzi che, pur ponendo le sue
condizioni, si dice disposto a discutere i punti avanzati dai
pentastellati, il cambio di registro è indubbio (e positivo).
Ben altro cambio è quello del M5S. A
sentirli ieri, sembrava passato un secolo dallo streaming con
Pierluigi Bersani, per non dire degli insulti di Grillo a Renzi
nell’incontro di rito per la formazione del governo. Il mancato
sorpasso, e anzi la voragine apertasi tra i due partiti, ha fatto
fare un bagno di realismo ai grillini. Nell’arco di poche
settimane, non si sa però attraverso quale procedura deliberativa
interna, la strategia dei 5Stelle ha cambiato verso. Dalla
contrapposizione frontale al dialogo.
Il governo e il Pd non sono più
l’immagine stessa del male, una banda di farabutti e malfattori da
spazzar via perché origine e causa della crisi italiana, bensì
interlocutori legittimati dal voto di una larga parte
dell’elettorato. Questa inversione non può essere che benvenuta:
finalmente un partito rilevante (tuttora nettamente secondo, con
cinque punti di vantaggio su Forza Italia) rientra in gioco invece di
limitarsi ad urlare il proprio sdegno contro tutto e tutti. Rimane
però un interrogativo. Ovvero: il M5S ha espresso e incanalato una
rabbia sociale profonda che, inutile nasconderlo, ancora esiste anche
se alle Europee si è un po’, ma solo un po’, attenuata. Le
fortune elettorali dei grillini derivano proprio da questa loro
capacità di incanalare la protesta, in quanto partito nuovo, vergine
rispetto a malversazioni e scandali, e soprattuto “antagonista”
al sistema. I 5Stelle hanno sfondato perché hanno sfumato le loro
tradizionali tematiche ambientaliste e post-moderne facendo irrompere
la protesta, molto più redditizia in termini di voti. Il passaggio
alla fase costruttiva dopo tanta enfasi sulla distruzione non potrà
non avere delle ripercussioni nel mondo pentastellato. Per molti, la
contaminazione con «gli altri» verrà vista come un tradimento. E
infine, dall’altra parte, la componente più ecologista e
progressista continua a non digerire la scelta euroscettica del
rapporto con Farage.
Ad ogni modo questo ingresso nella
politica da parte del M5S modifica le dinamiche del sistema
partitico. Fin qui vi erano due soli attori in gioco, il Pd e il
centro-destra, con rapporti variamente intrecciati, di cooperazione
su alcuni tavoli — quello governativo con il Ncd di Angelino Alfano
e quello delle riforme con Forza Italia ed embrionalmente anche con
la Lega — ma di opposizione su altri. Questa diarchia sghemba viene
alterata dall’uscita dal ghetto dei grillini. Ora il sistema si
articola su tre poli, nessuno dei quali escluso dal gioco politico.
Vedremo chi trarrà maggior vantaggio dal nuovo assetto.
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