«Signori Presidenti - dice il Papa - il mondo è un’eredità che
abbiamo ricevuto dai nostri antenati, ma è anche un prestito dei nostri
figli: figli che sono stanchi e sfiniti dai conflitti e desiderosi di
raggiungere l’alba della pace; figli che ci chiedono di abbattere i muri
dell’inimicizia e di percorrere la strada del dialogo e della pace
perché l’amore e l’amicizia trionfino. Molti, troppi di questi figli
sono caduti vittime innocenti della guerra e della violenza, piante
strappate nel pieno rigoglio. È nostro dovere far sì che il loro
sacrificio non sia vano».
«Per fare la pace - aggiunge - ci vuole coraggio, molto di più che
per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo
scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle
ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla
sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio,
grande forza d’animo».
«La storia ci insegna - sottolinea Bergoglio - che le nostre sole
forze non bastano. Più di una volta siamo stati vicini alla pace, ma il
maligno, con diversi mezzi, è riuscito a impedirla. Per questo siamo
qui, perché sappiamo e crediamo che abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio.
Non rinunciamo alle nostre responsabilità, ma invochiamo Dio come atto
di suprema responsabilità, di fronte alle nostre coscienze e di fronte
ai nostri popoli». La spirale dell’odio e della violenza va spezzata
«con una sola parola: “fratello”. Ma per dire questa parola dobbiamo
alzare tutti lo sguardo al cielo, e riconoscerci figli di un unico
Padre». «Apri i nostri occhi e i nostri cuori - è l'invocazione a Dio
del Pontefice - e donaci il coraggio di dire: “mai più la guerra!”; “con
la guerra tutto è distrutto!”. E che dal cuore di ogni uomo siano
bandite queste parole: divisione, odio, guerra!».
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