Il partito è nel caos. Resta ancora ignoto l'approdo dei fuoriusciti, ma in prospettiva si guarda al Pd
Gennaro Migliore se ne va da Sel. Dopo le tensioni legate al
controverso sì agli 80 euro, non lascia solo la carica di capogruppo a
Montecitorio, ma anche il partito. «È una decisione che ho preso nelle ultime ore e che
ha a che vedere con l’interruzione del reciproco rapporto di fiducia che
è seguito alla discussione nel gruppo parlamentare sul decreto Irpef e
al successivo voto parlamentare». Le mie posizioni – aggiunge – sono
«incompatibili» con l’appartenenza al nostro partito.
Con lui se ne va ufficialmente anche Claudio Fava, vicepresidente
della commissione antimafia della camera: «Abbiamo preferito una
collocazione in Europa e una pratica politica in Italia di forte
arroccamento identitario. Una marginalità che ci rende inadeguati
rispetto all’ambizione che c’eravamo dati: costruire una forza autonoma
della sinistra impegnata in un cambiamento del paese e nella
ricostruzione di uno spazio politico largo, plurale, responsabile. Sono
venute meno le condizioni per continuare a percorrere questa strada
insieme».
«Questa – aggiunge Fava – non è una scorciatoia verso altri partiti.
La differenza che tu proponi fra renziani e non renziani è una
semplificazione ingenerosa e grossolana».
Con Migliore e Fava starebbero valutando l’uscita da Sel un’altra
decina di parlamentari (Titti De Salvo, Ileana Pezzoni, Nazareno
Pilozzi, Alessandro Zan, Fabio Lavagno) su 34. Rimane da capire ancora
verso quale approdo, anche se in prospettiva è realistico un percorso
verso il Pd.
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