LA CHIESA DI BERGOGLIO
L’INTERVISTA / DON LUIGI CIOTTI
PAOLO RODARI
La Repubblica - 22/6/14
Don Luigi Ciotti, due mesi fa il Papa
l’ha incontrata assieme alla sua fondazione Libera nella veglia di
preghiera nella ricorrenza della XIX Giornata in ricordo delle
vittime innocenti delle mafie. Allora disse ai mafiosi: «Convertitevi
per non finire all’inferno». Ieri, nella messa celebrata sulla
piana di Sibari, ha invece alzato la voce dicendo a braccio: «I
mafiosi sono scomunicati!».
«Sono contento di queste parole. I
mafiosi non hanno nulla di cristiano. Sono in antitesi col Vangelo.
Ma direi non soltanto i mafiosi, ma anche coloro che fanno affari coi
mafiosi. Il Papa ha ribadito che certi comportamenti non possono che
mettere fuori dalla comunione con la Chiesa».
Più volte Papa Bergoglio ha tuonato
contri i cristiani ipocriti, che parlano del Vangelo senza viverlo…
«Infatti, ascoltando Francesco in Calabria mi sono subito venute in
mente le parole di don Tonino Bello, quando diceva che la Chiesa —
e i cristiani con essa — non può dimenticare che la Parola non si
annuncia con le parole, ma con la vita, con gesti e fatti».
L’annuncio è anzitutto
testimonianza?
«L’evangelizzazione non avviene
soltanto per ciò che si dice, ma anche per quello che si fa. I
gesti, le azioni, sono importanti. Lo stesso Francesco ieri ha messo
in pratica questa verità. Ha parlato ed è andato anche a trovare la
gente fin nelle sue sofferenze. È stato coi carcerati e i poveri. E
quando ha parlato della mafia ha ricordato che esistono delle
responsabilità che riguardano tutti, a cominciare dai politici che
troppe volte si sono mostrati conniventi».
Come si fa a dire se una persona è
scomunicata perché mafiosa?
«La domanda è giusta. Non sempre i
comportamenti individuali sono evidenti. Ma spesso le cose si sanno.
Anzi, in questo senso è proprio il richiamo del Papa a suonare come
sprone per la stessa Chiesa affinché non sia tiepida bensì
coraggiosa. Beninteso, non bisogna mai dimenticare le tante cose
belle e positive che tanti cristiani hanno fatto nei territori più
difficili, nei luoghi dove la mafia ha in mano tutto, dove è più
potente. Nessuno deve dimenticare il comportamento anche eroico di
tanta gente di Chiesa. Ma, insieme, occorre riconoscere che ci sono
state, e ci sono, anche tante fragilità, zone d’ombra.
Quali?
«Alcune volte, purtroppo, la Chiesa è
rimasta alla finestra rispetto a certi comportamenti lavandosene le
mani. Altre volte, invece, è stata addirittura complice. Sono
ambiguità non al servizio della verità. E ciò è sempre un male,
perché sono comportamenti che tarpano le ali alle energie migliori,
a coloro che, invece, vorrebbero mettere le proprie energie al
servizio della positività».
Comportamenti mafiosi sono anche di
coloro che pur sapendo non fanno nulla?
«Il problema non è soltanto
ascrivibile a chi fa il male, a chi si rende colpevole di crimini. Ma
esiste anche un problema enorme di chi guarda il male compiersi e
lascia fare. In troppi osservano da fuori ma non si spendono per il
bene. Anche questa omertà in fondo è mafia».
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