Riccardo Imberti
Dopo l’inaspettato ed incontrovertibile successo del Pd alle elezioni Europee, nella giornata di lunedì si sono chiusi i ballottaggi delle elezioni amministrative.
All’indomani
della lunga ed articolata tornata elettorale non è possibile evitare
una sorta di bilancio. In queste ultime ore, infatti, assistiamo ad
analisi e commenti molto diversi da parte di giornalisti, analisti,
opinionisti e politologi sul significato del voto di maggio-giugno.
Allo stesso modo, i politici non hanno fatto mancare il loro apporto
all’analisi dei risultati elettorali.
Ho
letto molto in queste ore. Le considerazioni più convincenti mi sono
sembrate quelle di Lorenzo Guerini: «Se
c’è un partito che sta bene è il nostro, i cinque stelle dovevano
fare la rivoluzione e portano a casa due sindaci, bel risultato».
Così come convincenti mi sono sembrate quelle di Ilvo
Diamanti: «Renzi
non deve comportarsi “come se il PD non ci fosse”. Al contrario
deve spingerlo a riformarsi. Ridimensionando, lo spazio degli
apparati, a favore di quello dei Sindaci e degli amministratori
locali»;
e, naturalmente, quelle di Matteo Renzi: «Queste
elezioni segnano la fine delle posizioni di rendita elettorale, è
finito il tempo in cui qualcuno sa che in quel posto si vince di
sicuro».
Resto
convinto che, in ogni passaggio elettorale, il dato numerico
rappresenti un elemento incontrovertibile. I numeri dicono che il
centrosinistra guidato dal Pd ha vinto in più di 160 comuni rispetto
ai 128 delle precedenti elezioni amministrative. Nelle zone
storicamente "rosse" è passato da 77 a 82, al nord da 24 a
58. Certamente vanno segnalate le sconfitte nelle città di Livorno e
di Perugia.
Sono
allo stesso tempo certo che questo passaggio elettorale possa dare
maggiore forza a Matteo Renzi e possa spingere il segretario del Pd
ad una accelerazione del processo di rinnovamento iniziato con le
primarie dello scorso anno.
Così
come sono convinto - o comunque auspico - che si sia definitivamente
chiusa la filiera che ha caratterizzato il centrosinistra di questi
ultimi 20 anni e che la discontinuità possa rappresentare un
elemento sì gradito all'elettorato - anche di quello che decide
all'ultima ora - ma soprattutto un punto di forza per poter navigare
in acque più limpide.
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