venerdì 4 settembre 2015

«Sì, guardiamo l’intollerabile senza ignorarlo».


Corriere della Sera 04/09/15
Melania Di Giacomo
È giusto pubblicare una foto tanto drammatica, come quella di Aylan, il bimbo in fuga da Kobane trovato morto sulla spiaggia in Turchia? Per il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione parlamentare Diritti umani, «in questo caso la scelta è stata giusta». A differenza di altre immagini di morte, spiega, «non suscita morbosità ma compassione. Alla lettera: “com-passione”, ovvero patire insieme. La disponibilità a partecipare di quel dolore, non a condividere perversamente la crudeltà dell’atto che quel dolore determina. E dico perversamente perché può esserci, in ciascuno di noi, una tentazione latente al sadismo, che quegli spettacoli sollecitano». 
 Ma lei diceva che solo in casi di questo tipo è giusto. 
 «Sì, perché può esistere una oscenità delle immagini di morte e una vera e propria pornografia necrofila. L’osceno deriva dalla ripresa dettagliata e compiaciuta di un gesto, come, per esempio, la decapitazione di un prigioniero». 
 Come nei video dell’Isis. 
 «Anche nel caso di una condanna capitale legalmente inflitta: come le riprese dei condannati alla sedia elettrica o impiccati. Ma qui si ha la documentazione di una tragedia già avvenuta: l’immagine di una disumanità interamente dispiegata e definitiva. Personalmente mi sono trovato a contribuire alla decisione drammatica di rendere pubbliche immagini di morte». 
 In che circostanza? 
 «Quando i familiari di Stefano Cucchi, deceduto in custodia cautelare, mi incaricarono di diffondere le foto del loro congiunto sul tavolo dell’obitorio. Convinto dell’opportunità, non mi pronunciai finché, in piena autonomia loro decisero. Poi diffusi quelle foto perché le ritenevo indispensabili per mostrare quale strazio quel corpo avesse patito. E anche i familiari di Franco Mastrogiovanni, morto dopo 82 ore di letto di contenzione, legato mani e piedi, mi chiesero di far conoscere il video della telecamera che riprendeva quella infinita agonia. Anche quella volta una scelta dolorosamente necessaria: crudele innanzitutto per i suoi cari, ma rivelatasi essenziale per rendere manifesto l’orrore». 
 Cosa hanno aggiunto alla percezione del lettore le foto di Aylan? 
 «Il senso di una soglia ormai superata e dalla quale non è possibile tornare indietro: un limite violato e non più riparabile, un richiamo a qualcosa di intollerabile, che pure continuiamo a ignorare e che, temo, tollereremo ancora». 
 Dopo lo choc, il dibattito in Europa sul diritto d’asilo può avere slancio maggiore? 
 «Me lo auguro con tutto il cuore, ma resto pessimista. Nonostante tutto, il peccato dell’indifferenza sembra corrompere le classi politiche e gran parte delle opinioni pubbliche, facendo scordare le tragiche lezioni del passato ». 


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