Fabrizio Rondolino
L'Unità 26 settembre 2015
Finalmente un’inchiesta giornalistica
del Fatto contro Renzi. Peccato che, dietro al titolo, manchi la
sostanza
“Fallimenti, debiti e prestiti: da
papà Tiziano a papà Lotti, così nacque il Giglio Magico”,
titola in prima pagina il Fatto, in amorosa sintonia con il
Giornale (“Tutte le carte sul papà di Renzi”). Bene,
abbiamo pensato, finalmente un’inchiesta giornalistica che non
guarda in faccia a nessuno, che scava e scopre fatti nuovi, che
mette alle corde il potere incontrollato del ducetto di
Rignano. D’accordo, questa cosa di dare addosso ai parenti per
colpire l’avversario non è particolarmente elegante (è una
tecnica praticata abitualmente dai regimi totalitari e dalle
organizzazioni mafiose), ma pazienza, l’importante è andare alla
sostanza.
Peccato che la sostanza non ci sia.
Tanto per cominciare, non di un’inchiesta giornalistica si tratta
– e pensare che al Fatto lavorano anche alcuni professionisti
regolarmente iscritti all’Ordine – ma dell’abituale
volantinaggio di carte giudiziarie prodotte dall’accusa. In
altre parole, stiamo leggendo le opinioni di un pm: la difesa
non esiste e non ha voce, e naturalmente non esiste neanche la
sentenza, che negli stati di diritto è l’unico fatto che conta.
E vabbè.
Il tema è il destino della Chil Post,
una società appartenuta a Tiziano Renzi su cui sta indagando la
Procura di Genova. E che cosa ha scoperto la Procura di Genova in
mesi e mesi di duro lavoro sfociati in tremila pagine di
documenti e carte? Per non sbagliare, citiamo con scrupolo
dall’articolo del Fatto, cioè direttamente dal sottoscala della
Procura: “La vicenda, al netto dei risvolti penali…”, “la
posizione di Tiziano Renzi potrebbe finire archiviata”, “anche
su questo punto la Procura ligure non sembra vedere risvolti
penali…”, “probabile che la posizione [di Tiziano Renzi]
sarà archiviata”, “Niente di illegale, ma pare emergere…”.
Pare emergere, capito? Proprio come Nessie, il mostro di Loch
Ness.
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