Corriere della Sera 06/09/15
Aldo Cazzullo
«A me piace andare dappertutto: in
una rubinetteria come l’anno scorso, a Cernobbio come oggi, al
festival dell’Unità e al Gran premio di Formula Uno come sto per
fare. Posso vedere i grandi professori, così come ora incontro Bono
Vox; che mi interessa di più», dice sorridendo Matteo Renzi.
Un
anno fa evitò Cernobbio, andò a inaugurare la rubinetteria dei
fratelli Bonomi a Gussago, periferia di Brescia, e disse agli operai:
«Io oggi avrei dovuto essere in un albergo a cinque stelle, dove si
radunano professoroni che mangiano tartine al salmone e non ne
azzeccano una da vent’anni. Invece sono qui, con voi. Perché là
si discute, qui si fa. Là si enunciano i problemi, qui si risolvono.
Loro hanno fallito, voi date speranza al Paese spaccandovi la
schiena…». Ieri Renzi è arrivato nell’albergo a cinque stelle
in elicottero, tra banchieri, finanzieri, presidenti di società
pubbliche da lui nominati. «Io mi diverto in ogni caso – racconta
al «Corriere» -. Mi sono divertito ad andare dai ciellini a dire
che vent’anni di berlusconismo hanno bloccato il Paese. Oggi mi
sono divertito a dire all’establishment italiano che i salotti
buoni sono chiusi per sempre. Che la logica degli «amici degli
amici» è finita. Che la stagione del capitalismo di relazione
appartiene al passato. Che il sindacato ha fatto danni, ma i patti di
sindacato ne hanno fatti ancora di più. Che la politica deve
cambiare e sta cambiando, ma pure l’imprenditoria deve cambiare
uomini e logiche, e aprirsi a una nuova generazione. E a dire che
secondo la stragrande maggioranza degli economisti gli 80 euro non
sarebbero serviti a niente, mentre ora Bankitalia sostiene che hanno
fatto ripartire i consumi. Qui non se ne saranno accorti; chi
guadagna 1200 euro al mese sì».
Il moderatore Gianni Riotta
scherza: «È la prima volta che Renzi viene a Cernobbio, voi potrete
dire ai nipoti: io c’ero». Applauso. L’atmosfera è di apertura
di credito, con due piccole tifoserie opposte, odiatori e supporter,
guidate spiritualmente da Renato Brunetta e dal finanziere anglo
renziano Davide Serra: «Io conto gli anni della politica italiana a
partire da questo governo. Avanti Renzi e dopo Renzi». Guardi che lo
diceva anche Enrico La Loggia a proposito di Berlusconi… «L’Italia
ha quattro jolly: tassi al minimo, euro più debole, petrolio basso».
E il quarto? «Il quarto jolly è Matteo, no?». Anche Brunetta è
ottimista sulle sorti del premier: «Non mangia il panettone. Cade
tra poche settimane. È un pugile suonato: ha preso tante di quelle
botte che basta uno schiaffetto per mandarlo al tappeto. E dopo non
si va a votare; si fa la grande coalizione. Con un premier di
centrodestra. O con Mario Monti, se necessario».
Monti è in
sala. Come Enrico Letta, che si infila in ascensore.
Renzi:
«Stavolta ho evitato di polemizzare con i predecessori. Non era la
sede, non era il momento. Del resto i fatti sono sotto gli occhi di
tutti: il Parlamento è lo stesso del 2013. Ma prima non riusciva a
eleggere il presidente della Repubblica; ora l’ha eletto. Le
riforme erano impantanate; adesso vanno avanti». C’è l’accordo
con la minoranza Pd sulle nuove regole per l’elezione dei senatori?
«No. Si sta discutendo. A me va bene tutto: il listino collegato
alle elezioni regionali, oppure delegare la scelta alle Regioni.
L’importante è che non si rivoti un articolo che è già stato
votato due volte». Argomento ostico per gli stranieri, quasi tutti
grandi ex, da Shimon Peres che spiega la sua idea visionaria di
un’Onu delle religioni per fermare le guerre, a Kofi Annan,
innamorato del lago di Como: «Lasciata la guida delle Nazioni Unite,
mi ritirai qui in incognito. Dopo tre mesi ero in crisi d’astinenza
e andai in paese a cercare i giornali. Mia moglie mi disse: “Così
ti riconosceranno”. L’edicolante in effetti mi fece: “Ma io la
conosco! Lei è Morgan Freeman!”».
Varoufakis abbronzatissimo
ammonisce Renzi: «È davanti alle sue colonne d’Ercole. Può
sfidare l’ortodossia europea dell’austerity. Vedremo se ne ha la
forza». Davide Serra: «Non date retta a quest’uomo, sa come lo
chiamiamo noi a Londra? Varoufucker. Matteo non ha bisogno di lezioni
da nessuno. È business on: sempre sul pezzo. On the way: sulla
strada giusta». Scusi Serra, lei è italiano e sta parlando a un
giornale italiano: perché non parla italiano? «Io non leggo i
vostri giornali, io leggo solo Ft, Times e Bloomberg».
A dire il
vero, il premier dribbla le domande più tecniche: Galateri chiede
lumi sul mercato di capitali, Abete sulle garanzie per il credito
alle piccole imprese, Granata sugli equity swap; tutti e tre vengono
rinviati al ministro Padoan, «l’uomo più prudente del mondo»,
che parla stamattina. Scusi Serra, ma Renzi sa di economia e finanza?
«Io conosco sia Cameron, sia Hollande, sia Merkel; e le posso
assicurare che Matteo sa di economia più di Cameron, più di
Hollande, più di Merkel. Quelli di Bankitalia hanno alzato il
sopracciglio perché non conosceva il primary surplus , l’avanzo
primario; ma ci ha messo tre secondi a capirlo». Brunetta: «Di
economia non sa niente! Niente! Ha copiato da noi l’idea di abolire
la tassa sulla prima casa, ma l’Europa lo impedirà: altrimenti lo
vorranno fare tutti, perché tutti hanno le elezioni».
Dice
Renzi che «un anno fa non sono venuto a Cernobbio perché sarebbe
stato un convegno: mi sarei dovuto limitare a un elenco di buone
intenzioni. Stavolta avevo risultati da rivendicare, in particolare
davanti agli investitori internazionali; e mi pare che la loro
reazione sia stata positiva. Non sto dicendo che va tutto bene, anzi.
Se cala il prezzo del petrolio è un bene, se crolla è un male;
perché destabilizza ulteriormente le regioni più calde del pianeta,
il Nordafrica, il Medio Oriente, la Nigeria. Ma l’Italia c’è,
sui migranti l’Europa sta venendo sulle nostre posizioni.
L’importante è che tutti, anche le banche e le imprese, trovino il
coraggio di cambiare». Brunetta: «Per fortuna ci siamo. L’impostore
sta per venire scoperto, l’imbroglione è sul punto di essere
smascherato, l’abusivo sta per pagare il suo azzardo morale».
Serra: «Brunetta, come D’Alema, Tremonti, Bersani, mi ricorda il
circo Togni. Uno spettacolo grottesco che appartiene al passato.
Vedremo se gli italiani preferiscono Matteo o il circo Togni».
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