giovedì 24 settembre 2015

Giustizialismo? Come Elvis a fine carriera


Fabrizio Rondolino
L'Unità 23 settembre 2015
La legge che finalmente regola l’uso delle intercettazioni provoca l’indignazione del Fatto: senza le veline delle procure, toccherà lavorare sul serio
Il giustizialismo italiano – il cancro che ha divorato la coscienza civile del Paese per più di vent’anni, sfigurando la giustizia, la politica e l’informazione – è ormai ridotto ad una pietosa caricatura: come Elvis negli ultimi show a Las Vegas, ai aggira stralunato sul palco, obeso e senza voce, di fronte ad un pubblico distratto di ricconi vestiti male. E quando prova ad intonare i successi del passato, anziché gli applausi e le emozioni di un tempo suscita un sentimento di umana compassione, una scrollata di spalle, qualche sorriso imbarazzato.
“Bavaglio a giornali e talk show”, titolano in prima pagina gli sfiatati del Fatto, aggiungendo con orgogliosa soddisfazione: “Forza Italia: Il Pd è come noi”. L’oggetto di tanta indignazione è la legge che finalmente regola l’uso delle intercettazioni, così che i magistrati possano lavorare con serietà e dignità e i giornalisti, se ne sono capaci, possano distinguersi da Dagospia. La sola idea che si voglia ripristinare in Italia la civiltà giuridica terrorizza Travaglio e i suoi sodali: senza le veline di alcune procure compiacenti, senza la denigrazione sistematica della vita privata degli indagati, senza pornografia e senza gogna toccherà lavorare, cercare le notizie, scavare sui fatti. E questo è davvero troppo, per quel giornale. Ma come, si dicono terrorizzati in redazione guardandosi spauriti negli occhi, non potremo più pubblicare il censimento dei peli del pube di Berlusconi? E allora di che cosa scriviamo?
La chiamata alle armi del Fatto produrrà qualche tweet, qualche appello di Dario Fo, l’indignazione di un paio di sindacalisti del’Anm, la solidarietà corporativa di tre giornalisti: e poi, come accadeva con Elvis a Las Vegas, se ne andranno tutti a cena.

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