Fabrizio Rondolino
L'Unità 23 settembre 2015
La legge che finalmente regola l’uso
delle intercettazioni provoca l’indignazione del Fatto: senza le
veline delle procure, toccherà lavorare sul serio
Il giustizialismo italiano – il
cancro che ha divorato la coscienza civile del Paese per più di
vent’anni, sfigurando la giustizia, la politica e l’informazione
– è ormai ridotto ad una pietosa caricatura: come Elvis negli
ultimi show a Las Vegas, ai aggira stralunato sul palco, obeso e
senza voce, di fronte ad un pubblico distratto di ricconi vestiti
male. E quando prova ad intonare i successi del passato, anziché gli
applausi e le emozioni di un tempo suscita un sentimento di umana
compassione, una scrollata di spalle, qualche sorriso imbarazzato.
“Bavaglio a giornali e talk show”,
titolano in prima pagina gli sfiatati del Fatto, aggiungendo con
orgogliosa soddisfazione: “Forza Italia: Il Pd è come noi”.
L’oggetto di tanta indignazione è la legge che finalmente regola
l’uso delle intercettazioni, così che i magistrati possano
lavorare con serietà e dignità e i giornalisti, se ne sono capaci,
possano distinguersi da Dagospia. La sola idea che si voglia
ripristinare in Italia la civiltà giuridica terrorizza Travaglio e i
suoi sodali: senza le veline di alcune procure compiacenti, senza la
denigrazione sistematica della vita privata degli indagati, senza
pornografia e senza gogna toccherà lavorare, cercare le notizie,
scavare sui fatti. E questo è davvero troppo, per quel giornale. Ma
come, si dicono terrorizzati in redazione guardandosi spauriti negli
occhi, non potremo più pubblicare il censimento dei peli del pube di
Berlusconi? E allora di che cosa scriviamo?
La chiamata alle armi del Fatto
produrrà qualche tweet, qualche appello di Dario Fo, l’indignazione
di un paio di sindacalisti del’Anm, la solidarietà corporativa di
tre giornalisti: e poi, come accadeva con Elvis a Las Vegas, se ne
andranno tutti a cena.
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