Pierluigi Castagnetti
Pietro Ingrao è stato sicuramente un
grande protagonista della storia della Repubblica. Comunista
convinto, sempre coerente con la sua filosofia di vita: il dubbio, la
ricerca, i poveri. Di lui abbiamo letto in questi giorni ricordi
ammirati e affettuosi dei compagni della sua generazione e delle sue
lotte. Mi permetto aggiungere solo alcune suggestioni meno ricordate.
Era uomo intrigato da chi aveva la fede e da chi era capace di fare
della povertà un luogo teologico. Il discorso delle Beatitudini lo
aveva conquistato, in particolare l'idea che il povero non fosse una
sconfitto o solo uno svantaggiato in attesa di ascesa sociale, ma
uomo più ricco in sè. Vedere la ricchezza nella povertà era cosa
che il comunismo non era riuscito a concepire. Di lui ricordo la
partecipazione agli incontri organizzati da padre Benedetto Calati
nei monasteri di Camaldoli e Fonte Avellana (insieme alla Rossana e a
Tronti). Ricordo il dialogo epistolare con Giuseppe Dossetti su
tematiche esistenzialie e culturali oltrechè il suo bellissimo
ricordo alla morte del monaco bolognese. Ricordo soprattutto la
commemorazione che abbiamo fatto insieme di don Milani alla Camera
nel quarantesimo. Ricordo il fascino del silenzio e del monastero che
ha confessato di subire più volte. Sia chiaro, Ingrao era non
credente, ma - per evocare un immagine del Card.Martini - un
pensante, profondamente pensante.
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