Fabrizio Rondolino
3 settembre 2015
La sinistra è uno stato d’animo, e
nessuno lo sa meglio di Massimo D’Alema – l’ultimo figlio del
Pci, l’uomo che Enrico Berlinguer avrebbe voluto dopo di lui alla
guida del partito, il conservatore e il rivoluzionario, il
rinnovatore nella continuità dapprima amato, poi incompreso e infine
sconfitto e persino disprezzato dal mondo di ieri che voleva salvare.
La “rottura
sentimentale” che D’Alema rimprovera a Matteo Renzi in una bella
e dolente intervista ad Aldo Cazzullo è davvero la chiave per
comprendere ciò che sta accadendo a sinistra: salvo che si è già
consumata da tempo, e precisamente da quando D’Alema, con lucidità
politica e coraggio personale, tentò invano di modernizzare la
sinistra italiana (post)comunista.
Anche lui fu accusato – dagli stessi
che oggi combattono Renzi: la Cgil, i giornali di De Benedetti, la
magistratura militante… – di tradimento e resa all’avversario.
E quando tentò di rimediare – perché D’Alema si sentiva non il
liquidatore, ma il garante della sinistra – fu eliminato senza
troppi complimenti nel generale sollievo di tutti i conservatori.
E’ questo il dramma – sentimentale,
cioè politico – della sinistra: è su questa ferita non
rimarginabile, che D’Alema da allora e ancor oggi tenta invano di
rimarginare, che si è consumata l’implosione definitiva della
tradizione (post)comunista. L’amara verità è che da quella
tradizione non poteva più venire nulla di politicamente fertile: e
lo dimostra proprio la ritirata di D’Alema, il migliore e l’unico
che avrebbe potuto salvarla.
Renzi nasce a ground zero, e vince con
sorprendente rapidità perché intorno a lui non c’è più niente
di vivo. E’ vero: non manca a Renzi un “tono sprezzante e
arrogante” (anche qui, ripensando a D’Alema, niente di
nuovo), ma quel tono c’entra molto con la politica e molto poco,
invece, con il carattere. La nuova sinistra di Renzi – e di D’Alema
negli anni Novanta, e di Craxi negli anni Ottanta – è impaziente
perché la vecchia sinistra è tramontata ma non riesce ad
ammetterlo. L’errore di questi vent’anni è aver cercato di farle
convivere.
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