Il mistero dei 101 e le bugie della ditta di Bersani
lunedì, 4 novembre 2013
Grande spazio sui giornali di oggi a “Giorni bugiardi” (Editori
Riuniti), il libro-testimonianza dei collaboratori di Bersani, Stefano
Di Traglia e Chiara Geloni, sui giorni cruciali della sua sconfitta
politica. L’argomento clou dei due portavoce bersaniani sembra essere la
presenza di alcuni parlamentari fedeli a Renzi tra i 101 franchi
tiratori che affossarono la candidatura Prodi al Quirinale, e
determinarono le dimissioni da segretario del loro Pierluigi. E’
possibile, ma restano chiacchiere senza controprova. La vicenda dei 101
resta lì irrisolta, immersa nella più totale opacità, cui le cronache
invelenite di Di Traglia e Geloni non possono, con tutta la buona
volontà, che aggiungere altro veleno. Perchè? Perchè i giorni erano già
bugiardi prima delle trame sul Quirinale, all’interno del Pd. O meglio
della “ditta”, come infelicemente l’aveva ribattezzato Bersani. Fu lui
il primo a girare al largo dalla necessaria chiarezza sui nodi del
potere interno al partito. Invano gli fu chiesto di esprimersi con
trasparenza su vicende che pure aveva seguito direttamente come
l’affaire Penati, l’Enav, il Montepaschi. La stessa rottura di D’Alema
con Bersani resta inspiegabile se non riletta alla luce di coaguli
formatisi all’interno della ditta, quasi sempre nel rapporto fra
politica e affari.Bersani pensava di applicare alla politica italiana uno schema superato. Lui al Quirinale voleva Franco Marini, non Romano Prodi. Un democristiano al Quirinale e un comunista a Palazzo Chigi, come prevedeva il patto di sindacato non scritto della “ditta” in cui credeva Bersani. Roba vecchia, superata. Che portò Bersani a cadere vittima di una concezione intrigante della politica da lui stesso legittimata.
Nessun commento:
Posta un commento