venerdì 29 novembre 2013

«Su carceri e magistratura ora si può fare una riforma».

ROMA — Custodia cautelare, responsabilità civile dei magistrati, separazione delle carriere, ergastolo. Decaduto Silvio Berlusconi, decadono, forse, anche le ragioni di una resistenza alle riforme. E Roberto Speranza, capogruppo del Pd alla Camera, risponde all’appello di Angelino Alfano.

Finora, riforma della giustizia era sinonimo di interventi ad personam o di norme per «riformare» i giudici sgraditi.

«È vero. Per anni il Pdl ha cercato solo l’impunità per Berlusconi. Oggi c’è una nuova fase. E noi non abbiamo paura, siamo pronti».

Il Pd si può fidare di Alfano?

«Alla domanda se venisse prima l’interesse dell’Italia o quello di Berlusconi, Alfano e gli altri ministri hanno risposto la prima. Mi sembra una posizione da apprezzare».

Il governo ce la farà a fare le riforme?

«Ora non ci sono più i ricatti di prima e c’è una maggioranza più coesa. Da una parte ci siamo noi che vogliamo le riforme. Dall’altra, il partito dello sfascio, l’alleanza dei populismi, Grillo e Berlusconi».

Come immaginate la riforma?

«Abbiamo già cominciato da tempo, indipendentemente da Berlusconi. La pdl Ferranti, approvata in Commissione Giustizia, limita l’abuso della custodia cautelare. In Italia 4 detenuti su 10 sono in attesa di giudizio. in Gran Bretagna solo 1,6 su 10. Tre su 4 vengono assolti. È inaccettabile».

La responsabilità civile dei magistrati è un tema delicato per il Pd.

«La responsabilità disciplinare dovrebbe essere assunta da un organismo terzo, una Alta corte disciplinare per tutte le giurisdizioni, formata non esclusivamente da magistrati. Per gli errori giudiziari la responsabilità non può che essere dello Stato. Poi è chiaro che potrà rivalersi sui magistrati».

Il sovraffollamento delle carceri?

«Siamo per la depenalizzazione. A causa della Fini-Giovanardi ci sono 27 mila tossicodipendenti in carcere. E molti immigrati, a causa della Bossi-Fini. Abbiamo riempito le carceri di poveri cristi, di indifesi, degli ultimi».

Le toghe hanno troppo potere, dice Violante.

«Tuteliamo indipendenza e autonomia dei giudici. Ma questo non significa irresponsabilità o arbitrarietà.

L’obbligatorietà dell’azione penale?

«È giusta, ma dobbiamo rendere più chiari i presupposti di intervento dei giudici. Deve essere chiaro che si agisce quando c’è una notizia di reato».

La separazione delle carriere?

«Non è il problema principale. Ma ci sono altre esperienze in Europa, con modelli diversi dal nostro, che non vanno guardate con pregiudizio. Voglio poi ricordare una mia battaglia personale: l’abolizione dell’ergastolo. La lezione tenuta da Aldo Moro nel ‘76 alla Sapienza è assolutamente attuale e l’ergastolo non è più accettabile».



 
Alessandro Trocino

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