sabato 23 novembre 2013

Da Genova un avviso per Renzi

Stefano Menichini 

Europa  

Grillo strumentalizza platealmente la rivolta dei tranvieri, in tutta Italia i sindaci delle grandi città soffrono sul trasporto pubblico. Per uno di loro questo diventerà l'ennesimo test da superare
È stato facile per Beppe Grillo. Uscire di casa, raggiungere il corteo dei tranvieri genovesi, mischiarsi a loro, farsi fotografare e riprendere, incitare a estendere a tutta Italia «questa battaglia epocale», poi andarsene quando stava per svolgersi un incontro col presidente della Regione: «Non voglio farmi strumentalizzare, me ne vado».
Facilissimo, così. Poi magari la rete – la mitica rete – ha una discreta memoria e tira fuori dagli archivi i post nei quali (a urne elettorali chiuse) il fondatore di M5S definiva insostenibile per l’Italia il peso di quattro milioni di stipendi pubblici, proponendo l’adozione del reddito minimo di cittadinanza. Anche per i tranvieri di Genova?
Per chiunque altro, Genova e le dieci, venti, cento situazioni analoghe in giro per l’Italia non sono altrettanto facili.
Non c’è un solo sindaco di grande città che non debba fare i salti mortali per tenere in piedi un minimo di servizio di trasporto pubblico, soffocati tra patto di stabilità, blocco dei trasferimenti ai comuni, inefficienza e obsolescenza delle vetture, rigidità sindacali (anche comprensibili, dopo anni di restrizioni), fino all’abisso dello scandalo romano dell’Atac: stamperie clandestine di biglietti e dirigenze bipartisan indagate a fasci.
Per quanto siano preoccupati e arrabbiati, non credo che i tranvieri genovesi siano disposti a farsi usare da incompetenti matricolati come i seguaci di Grillo: non è un caso se dopo Parma nessuna città, provincia o regione si sia più messa nelle mani di un amministratore grillino.
Ma questa non è una soddisfazione, tanto meno una risposta. È già svanita l’illusione tardo-statalista che i servizi locali potessero tornare a funzionare grazie a massicce iniezioni di chissà quali inesistenti fondi pubblici. Il nodo della compartecipazione dei privati si ripropone, con tutte le difficoltà e le perplessità lasciate da tante esperienze andate male. La posizione che Marco Doria cerca disperatamente di tenere (proprio per difendere il servizio pubblico abbiamo bisogno di sostegno privato) è l’unica possibile ma appare fragile.
Senza voler complicare una missione già difficile, è chiaro che per molti motivi la grana di Genova sia già virtualmente sul tavolo di un altro sindaco, segretario in pectore del primo partito del paese e aspirante problem solver per tutte le Genova d’Italia. Del resto il tour finale di Matteo Renzi per le primarie doveva partire da quella città, e proprio per la situazione di tensione l’appuntamento è stato annullato: quale avviso più esplicito?

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