venerdì 22 novembre 2013

Primarie Pd, scatta la guerra delle liste.... Lettiani ovunque...

Trattative per i posti di potere in Assemblea. 

Prodi: «Il non voto non è distacco, ci vogliono nuovi dirigenti»

È un girone infernale perché in palio ci sono mille posti per l’assemblea nazionale, mille delegati che verranno votati alle primarie nelle liste di Renzi, Cuperlo e Civati, in base alle percentuali che usciranno dai gazebo. Una partita di potere che stanno combattendo le varie «tribù», come ama definirle la Bindi, per avere un posto a tavola di peso adeguato nel cosiddetto «Parlamentino Pd». Che appena eletto, una volta proclamato, nominerà con identiche percentuali la Direzione nazionale. Tradotto: se Renzi avrà il 65% dei voti alle primarie, in Direzione avrà dalla sua i due terzi necessari per le decisioni cruciali, quelle che segnano il potere assoluto sulla «ditta», prima fra tutte l’approvazione delle liste elettorali, cioè quelle dei candidati del Pd che siederanno in Parlamento. Vero che di solito la Direzione vota le liste all’unanimità, ma si capisce con quale ansia i suoi avversari aspettino il verdetto dell’8 dicembre, perché con il rottamatore le prassi possono cambiare. 

E quindi, se le percentuali di partecipazione ai gazebo dipendono anche dall’impegno dei capibastone a portare la loro gente a votare, le trattative fervono al punto che il termine per la presentazione delle liste è stato rinviato di tre giorni. Anche perché stavolta c’è una variante rispetto al 2009: dietro ogni candidato, una sola lista. Cioè basta con i vari nomi dei capicorrente a caratteri cubitali seguiti da un «Per Renzi» o Per Cuperlo», ma una sola lista per ciascun candidato, in ognuno dei 173 collegi con cui il Pd ha diviso il territorio nazionale: quindi il popolo delle primarie troverà sotto il nome di Renzi, o di Cuperlo o di Civati, quelli dei loro «candidati» locali da eleggere. E dunque, mentre nella sede del Pd oggi si riunisce la commissione congresso per decidere sui ricorsi in Calabria e sul «caso Salerno», il più insidioso per Renzi, con Cuperlo sulle barricate, in queste ore e fino a giovedì, in luoghi sconosciuti si riuniscono altri «tavoli»: dove i plenipotenziari degli aspiranti segretari devono dare a ciascuno il suo. I renziani doc dovranno cedere posti al sole a franceschiniani, lettiani e non solo. 

I cuperliani faticano se possibile anche di più. Il «tavolo» di Cuperlo è retto dal «giovane turco» Francesco Verducci. Partecipano: Alfredo D’Attorre per i bersaniani, la Miotto per i bindiani, Manciulli per i dalemiani, la De Micheli per i lettiani. E per gli ex Ppi, area Marini e Fioroni, il pugliese Gero Grassi. Il quale, solo per fare un esempio del pressing sui candidati di tutte le correnti, avverte che «se non ci danno adeguata rappresentanza, i nostri non saranno motivati ad andare a votare e lui rischia di perdere percentuali grosse su base nazionale».  

Il «tavolo» di Renzi è retto dal suo braccio destro, Luca Lotti, affiancato dal veltroniano Passoni, dal franceschiniano Rosato e dal lettiano Dal Moro. Sì perché i lettiani si sono ben suddivisi tra i due candidati e il premier così avrà adeguata rappresentanza negli organismi dirigenti. Anche Civati dovrà fare le sue liste e le indicazioni che vengono dai suoi terminali locali vengono raccolte a livello centrale dai parlamentari a lui più vicini, la Puppato, Casson, Tocci, Mineo e Sandra Zampa, portavoce di Romano Prodi. Il quale non ha cambiato idea, non voterà alle primarie, anche se «in tanti mi hanno chiesto di ripensarci, ma l’ho fatto per lasciare che ci sia una nuova dirigenza, libera da tutti i passati e condizionamenti. In Italia, come in Europa, bisogna guardare al futuro. Bisogna che i nuovi leader si affermino, la palla adesso è a loro», è la benedizione del padre dell’Ulivo e del fondatore del Pd.

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