domenica 6 aprile 2014

Preti amici e pochi cardinali la fede low profile di Matteo


La Repubblica - 5/4/2012
PAOLO RODARI

Una religiosità sentita, ma vissuta strettamente nel privato, volutamente tenuta ai margini dalla vita pubblica, quella dell’amministratore di città che quando decide di competere per la leadership del proprio partito di riferimento basa la campagna elettorale non solo sullo «ius soli», ma anche sui diritti civili, il riconoscimento delle coppie di fatto. Temi scomodi per le gerarchie ecclesiastiche che, non a caso, quando sono interrogate su di lui dicono: «È sfuggente, non sappiamo come prenderlo».
Matteo Renzi non ha in Vaticano le entrature che grazie a Gianni Letta e Federico Toniato avevano rispettivamente Silvio Berlusconi e Mario Monti. Eppure la sua vita religiosa è autentica, custodita nel silenzio di Pontassieve, nella chiesa di San Giovanni Gualberto, quella dell’amico don Luciano Santini. E anche in casa, nei gesti intimi di tutti i giorni, il segno della croce prima di mangiare, le preghiere della sera. «Che dici ho fatto bene?», chiese alla moglie Agnese una sera del 2009, scendendo dal palco su cui aveva appena annunciato la sua candidatura a sindaco di Firenze. «Sì, abbiamo pregato tanto», rispose lei. Preghiere sussurrate non solo fra le mura domestiche, ma anche in Sardegna, durante un ciclo di esercizi spirituali guidati dal gesuita padre Enrico Deidda. Tra Cagliari e Villa Simius, Matteo e la moglie Agnese siedono periodicamente assieme alla scuola di sant’Ignazio di Loyola, il santo fondatore dell’Ordine dei gesuiti. Giorni di ritiro assoluto, per discernere il proprio posto nel mondo alla luce delle indicazioni di Dio, nella consapevolezza però dell’autonomia della coscienza.
Meno gerarchie, più fede vissuta. Tanto che non è un caso che fra le sigle dell’associazionismo cattolico più legate a Renzi ci sia l’Agesci, l’associazione low profile di guide e scout cattolici italiani. Seppure, negli anni giovanili, ci fu una breve “sbandata” per un gruppo seguace di una fede più decisa e incidente, ovvero Gs, la costola studentesca di Comunione e Liberazione guidata da don Paolo Bargigia, oggi missionario in Perù. Si devono a questa frequentazione le citazioni del premier di Chesterton, Dostojevskij e del poeta francese Charles Peguy. E frequentazioni cielline ha avuto il suo grande amico Marco Carrai, attualmente presidente della società che gestisce l’aeroporto di Firenze, manager con contatti eterogenei. È di Carrai un libro sulle «falsità» di Dan Brown, bugie e falsi storici, scritto con Franco Cardini, Maurizio Seracini e John Paul Wauck, curatore di “Un cammino attraverso il mondo di San Josemaria Escriva”, fondatore dell’Opus Dei.
Cl e l’Opus Dei, un movimento ecclesiale e una prelatura a cui Renzi non ha mai aderito. Seppure contatti ve ne siano stati non pochi. Non molto tempo fa gli chiesero dei suoi rapporti con la Compagnia delle Opere. Rispose: «Trovo stravagante l’atteggiamento della sinistra verso la Compagnia. L’unico politico che ha chiuso il Meeting di Rimini si chiama Pierluigi Bersani. Se Bersani può parlare con la Cdo, non vedo perché non ci possa parlare qualcun altro».
Certo, con qualche esponente della gerarchia i rapporti sono più ravvicinati. Ex scout è Renato Boccardo, attuale arcivescovo di Spoleto, per anni guida spirituale dell’Agesci, segretario del Governatorato vaticano e organizzatore dei viaggi di papa Wojtyla. Fra i due i rapporti sono buoni. Così anche con l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, seppure la scorsa estate qualcosa non andò per il meglio. Renzi rispose in modo piccato a un’omelia di Betori dedicata al degrado morale del capoluogo toscano. Disse che l’intervento di Betori era di matrice ruiniana, «un linguaggio della scuola della vecchia Conferenza episcopale italiana » . Anche se poi, lo scorso gennaio, in occasione di un incontro pubblico, i due si sono abbracciati e hanno dichiarato «reciproca stima e rispetto dei ruoli ».
Papa Francesco, ricevendo ieri in udienza privata Renzi e la sua famiglia, sembra abbia voluto assecondare questo tratto non politico del credere del premier. Che non a caso è entrato in Vaticano da una porta laterale, quella del Perugino, dove hanno accesso i fattorini di Santa Marta, i domestici, cuochi e donne di servizio. I consueti canali diplomatici sono stati tagliati fuori nell’organizzazione dell’udienza. Renzi si è fatto vivo direttamente con la casa pontificia, la «famiglia» del Papa. Il tutto, insomma, all’insegna di un profilo tenuto volutamente basso, una linea in un certo senso «subìta» dalle gerarchie vaticane, con papa Francesco però consenziente.



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