lunedì 7 luglio 2014

Renzi non cede sull’elettività: valgono più Mineo e Minzolini o un consigliere regionale?


Corriere della Sera 07/07/14
Marco Galluzzo

Le riforme le ha promesse all’Unione europea, le ha promesse agli italiani, ci ha vinto le elezioni, sono in qualche modo il suo tratto costitutivo. E allora, «visto che siamo ormai all’ultima curva», visto che per Palazzo Chigi è stato fatto un ottimo lavoro, che ha forse bisogno di miglioramenti ma non di ultimatum, tantomeno strumentali, Renzi lancia un avvertimento.

Al suo Pd, alla minoranza interna, c’è da dire una cosa molto semplice e allo stesso tempo molto dura, «si dimentichino una gestione unitaria del partito», almeno se proseguirà la fronda sulle riforme. Agli alleati, in primo il Nuovo centrodestra di Alfano, si dimentichino di poter dettare un’agenda diversa da quella finora tracciata. Per il presidente del Consiglio, nel momento forse più difficile del percorso delle riforme istituzionali, vale solo un principio: «Chi pone questioni strumentali, oggi, è destinato a fallire, non ci faremo intimidire da chi cerca dei cambiamenti solo per rimettere tutto in discussione».

Il sospetto di Matteo Renzi è proprio questo: alla vigilia del semestre italiano di presidenza della Ue si moltiplicano le voci di dissenso, dentro il suo partito e dentro quello principale degli alleati, il Nuovo centrodestra. Ma sono soprattutto dinamiche strumentali, a suo giudizio, «se si vuole un accordo, si discuta in modo costruttivo dentro la maggioranza per migliorare i testi delle riforme, viceversa ogni tentativo di cambiamento sarà respinto al mittente».

A giudicare dal numero di dichiarazioni, dalle interviste, c’è materia sufficiente per fare scattare un allarme. In una giornata trascorsa a casa, in famiglia, Renzi detta una linea che non ha sfumature e che non accetta ripiegamenti. Il messaggio alla minoranza interna del suo partito, a coloro che minacciano addirittura un referendum, capitanati da Vannino Chiti — che si definiscono quelli di Fort Alamo — o da Bersani, Renzi dice che vale il principio di maggioranza. Se non ci staranno le conseguenze saranno «durissime», ovvero spaccatura del partito con tanto di ricadute sugli incarichi direttivi e sulle dinamiche gerarchiche dei democratici. Uno dei punti che per Renzi costituisce un argine intoccabile riguarda il nuovo Senato. Il governo e la maggioranza sinora lo hanno immaginato non elettivo, con tutte le conseguenze che ne derivano, a questo punto non si può più tornare indietro. E poco contano i distinguo di Forza Italia, la battaglia di senatori forzisti come Augusto Minzolini o di coloro che nello stesso Pd, oltre che nell’Ncd, minacciano di non votare la riforma se su questo punto non ci saranno cambiamenti. Renzi avverte tutti, dentro e fuori il suo partito: i cambiamenti, almeno sul punto della non elettività, non arriveranno. «Nemmeno sulla cosiddetta elettività di secondo livello», e non solo per il principio, che il presidente del Consiglio considera irrinunciabile, ma anche «perchè sarebbe solo un modo per rimettere altri punti cruciali in discussione e questo sarebbe inaccettabile».

Con una sintesi della sue Renzi riassume in questo modo: «Chi è più rappresentativo, Mineo e Minzolini o un consigliere regionale? In realtà dietro il nodo della elettività si nasconde soltanto il tentativo di tenere in piedi un sistema di potere, di lasciare intatta la forza attuale dei senatori, proprio quello che stiamo cercando di superare con la riforma costituzionale». Se accettassimo queste riserve, o questo genere di argomenti, prosegue Renzi con i suoi, «finiremmo con lo snaturare le ragioni della riforma del bicameralismo perfetto».

Insomma mentre Forza Italia si permette di prenderlo in giro, enfatizzando le difficoltà del percorso riformatore, mentre persino l’Udc pone paletti con il tono ultimativo del diktat, Renzi reagisce rimandando ogni obiezione al mittente. Stasera, all’assemblea del gruppo del Pd, al gruppo dei venti che minacciano di votare contro il nuovo Senato, c’è da scommettere che Renzi non le manderà a dire. Sarà diretto e avrà un solo messaggio: «Ognuno si assuma le sue responsabilità, poi tireremo le somme». Dopodomani i testi arriveranno in Aula e sapremo chi avrà avuto ragione.



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