mercoledì 23 luglio 2014

LA “NUOVA” PROVINCIA: UNA SFIDA DA COGLIERE E UN APPUNTAMENTO DA NON MANCARE

Mario Gorlani

Siamo alla vigilia di una “piccola” grande rivoluzione nel nostro assetto territoriale. Dopo centoquindici anni, le Province cessano di essere enti politici-rappresentativi, con organi di governo eletti direttamente dai cittadini, per diventare enti di secondo livello, deputati soprattutto a funzioni di coordinamento e di supporto dell’azione dei Comuni.

Il 28 settembre, infatti, e salvo rinvii, i 2596 sindaci e consiglieri comunali della Provincia di Brescia saranno chiamati ad eleggere il nuovo Presidente e un Consiglio provinciale di 16 membri. Contestualmente, e sempre salvo rinvii, inizierà un processo di riordino e migrazione delle funzioni provinciali verso la Regione, verso i Comuni o verso forme associative, ambiti ottimali ed altri livelli intermedi che potranno essere creati; fatte salve le funzioni in materia di pianificazione territoriale, di tutela e valorizzazione dell’ambiente, di trasporto locale e di rete stradale provinciale, di gestione dell’edilizia scolastica e di centrale di committenza per appalti e concorsi, che rimarranno alla Provincia.

In un Paese come il nostro, in cui le resistenze ai cambiamenti sono così difficili da vincere, e in cui i propositi di riforma si trascinano per anni in modo inconcludente, la riforma delle Province costituisce in sé una buona notizia, da salutare come il segno positivo che qualcosa si muove; e ciò a prescindere dalle perplessità sulla legittimità costituzionale della legge, dalla fretta con cui è stata scritta, e dalla confusione che, inevitabilmente, si genererà nella transizione verso il nuovo assetto.

Nessuna riforma, però, per quanto buona sia, è in grado di funzionare e di rispondere efficacemente alle aspettative che l’hanno motivata, se non viene vissuta e applicata correttamente dai soggetti a cui è destinata. E questi soggetti sono, soprattutto, i Comuni e le comunità locali, che sono chiamate ad essere le vere protagoniste della riforma, e a cui la legge lancia in prima persona la sfida del cambiamento.

Fino ad oggi, il rapporto tra i livelli territoriali (Comuni, Province, Regioni) si è configurato soprattutto come un rapporto problematico, di diffidenza reciproca se non di aperta conflittualità: con esiti del tutto insoddisfacenti sia – nell’ottica comunale – in termini di efficacia e tempestività dell’azione amministrativa, sia – nell’ottica provinciale o regionale – in termini di capacità di una visione d’insieme, di programmazione e di sviluppo del territorio nel suo complesso.

Da oggi la Provincia come soggetto politico non esisterà più. Dovranno essere gli stessi Comuni a dialogare tra loro, dovranno superare le logiche di schieramento politico e i campanilismi, per trovare negli organi provinciali il punto di sintesi di una visione di insieme, che non si risolva nella mera sommatoria di tanti particolarismi o, peggio, nello scambio di interessi tra singoli territori.

Dalla capacità di raccogliere questa sfida misureremo il senso di responsabilità della nostra comunità locale e l’ambizione di uscire dalle secche della crisi e dal declino a cui da troppi anni sembriamo condannati. Ciò che ci dà qualche ragione di ottimismo è la constatazione che, nella grande maggioranza dei comuni bresciani, si è insediata nelle ultime elezioni una classe politica amministrativa nuova, giovane e motivata, che confidiamo sia capace di affrontare l’amministrazione locale con logiche diverse e senza i retaggi del passato.

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