venerdì 25 luglio 2014

Fermare la guerra e impedire un massacro


Riccardo Imberti

Le drammatiche immagini del conflitto riesploso in questi giorni in medio oriente tra Israele e Hamas nella striscia di Gaza hanno suscitato in me, oltre al naturale dolore per le tante vittime e le distruzioni, una reazione di rabbia di fronte all'insipienza del mondo che, oggi più che in passato, si dimostra indifferente al ripetersi di un conflitto che dura ormai da decenni. 
Con il rischio di apparire antisemita, non me la sento di tacere e di esprimere la più ferma condanna per questa nuova ondata di guerra che giorno dopo giorno ha più il carattere di un massacro, date le profonde differenze delle forze in campo e le "bombe intelligenti" israeliane centrano ospedali, case, cimiteri con un numero spropositato di vittime civili, donne e bambini. 
E a fronte di atti così drammatici non si scorge un sussulto di reazione da parte degli organismi internazionali,  ingessati da vecchie liturgie e da veti antistorici, che li rendono  ogni volta incapaci di incidere  nei confronti di conflitti che appaiono assurdi, ingiustificabili e verso i quali spesso prevale il formalismo quando non l'indifferenza. 
Hamas è visto, in gran parte dell'occidente, un tutt'uno con il terrorismo, ma questo non è vero e lo sa bene Israele che attraverso questa lettura, ha potuto, in tutti questi anni  continuare indisturbata nell'espansione del perimetro del suo territorio a scapito della Palestina. Ci sono mappe che raffigurano drammaticamente questa espansione senza che nessuno al mondo abbia potuto impedirlo. In tanti di noi in questi anni abbiamo guardato con favore agli  sforzi di pace, ai colloqui di volta in volta promossi per arrivare alla costituzione di due stati sovrani, ma la matassa è difficile da sbrogliare ed ognuno dei contendenti procede nella direzione che più gli conviene in attesa di mutamenti sempre più difficili e lontani. 
Oggi i più attenti osservatori sanno che il popolo palestinese fatica a riconoscersi in Fatah e il suo Presidente Abu Mazen perchè le condizioni di semilibertà in cui si trova a vivere privilegia la scelta più radicale di Hamas.
La miopia di questa politica, assecondata da una grave assenza dell'Europa, dalla copertura colpevole degli Stati Uniti e dall'indifferenza delle altre grandi potenze del mondo, fa si che il rischio per Israele sia un conflitto che non si ferma alla striscia di Gaza, visti gli scenari drammatici che stanno investendo la Siria, l'Iraq e il Libano e il tentativo sempre più evidente dell'Iran, di stringere rapporti e dare copertura e aiuti all'ala  radicale armata di Hamas.

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