Si alza l'indignazione per le ipotesi di rafforzamento dei poteri
del premier e dell'esecutivo. Di cui in realtà si discute da trent'anni,
e la cui assenza è sempre servita ai governanti per accampare scuse.
Può darsi che l’agenda delle riforme si stia inzeppando troppo,
oltre le possibilità di Renzi di raggiungere gli obiettivi e la
disponibilità del parlamento ad assecondarli. Può anche darsi che stia
venendo meno la tenuta della sponda essenziale per il disegno
istituzionale, cioè Forza Italia: un partito in via di sostanziale
autoscioglimento, dai cui umori interni può scaturire qualsiasi
sorpresa.
Insomma, sui temi istituzionali come sul resto rimane l’incognita di
un quadro politico friabile, che s’è affidato a Matteo Renzi per istinto
di autoconservazione più che per convinzione e condivisione piena del
programma. Detto questo, va fermata sul nascere l’onda di indignazione
intorno all’ultimo pezzo della riforma costituzionale, per come si va
delineando: il rafforzamento dei poteri del presidente del consiglio
rispetto ai ministri e la definizione di una corsia parlamentare rapida
per alcuni disegni di legge del governo.
Già si sente parlare di presidenzialismo di fatto, riappare il
fantasma della P2, ci si straccia le vesti in nome del parlamento
umiliato. Come se il parlamento non si fosse già abbastanza umiliato da
solo, e da diversi anni.
In realtà, da chiunque venga adesso la proposta, di rafforzamento dei
poteri del premier e dell’esecutivo si discetta senza scandalo (e senza
costrutto) da decenni. Renzi andava alle elementari e Berlusconi si
occupava di ripetitori tv, quando nell’84 la commissione Bozzi provava a
mettere insieme un bicameralismo meno assurdo, maggiore velocità degli
iter legislativi, minor numero di parlamentari e maggiore efficacia
dell’azione di governo. La storia delle bicamerali che da allora sono
tornate inutilmente a insistere sugli stessi concetti è nota. E nel 2014
solo in malafede si potrebbe negare che queste ipotesi possono correre
liberamente e legittimamente a sinistra come a destra, con una
propensione positiva maggioritaria nel paese.
Ci si spaventa quando sono premier “decisionisti” a chiedere un potere maggiore a quello di primus inter pares?
Sicuramente tipi come Berlusconi e Renzi soffrono più di altri della
ruggine del sistema. Ma converrebbe a tutti, anzi ai parlamentaristi più
che a chiunque altro, sottrarre a questi governanti impazienti lo scudo
dietro al quale riescono a nascondere lentezze e fallimenti:
l’inefficienza del processo politico. Un argomento insidioso perché
vero. Un ostacolo alla trasparenza e al potere del cittadino di farsi
un’opinione. In ultima istanza, un vulnus alla democrazia reale, concreto e attuale, non fantomatico.
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