Riccardo
Imberti
26 marzo 2014
Tutto va
di fretta. E' passato poco più di un mese e Renzi ha lanciato
macigni dentro lo stagno della politica italiana. Ha capito che il
Paese non può più attendere.
Riforme,
riforme, riforme. Questo è il grido che sale da tanti
cittadini, che attendono da troppo tempo la soluzione dei nodi che
hanno ingessato l'Italia per lunghi anni.
Matteo
ci sta provando.
L'accelerazione
impressa dal Premier sta suscitando attese e irritazione. Attese da
parte delle famiglie che da tempo faticano ad arrivare a fine mese,
dai lavoratori che quotidianamente rischiano di perdere il lavoro e
dai troppi giovani, ai quali, non solo è negato il futuro, ma vivono
una drammatica precarietà nel presente.
A chi si
lamenta, in particolare, sindacati e imprese, mi sento di chiedere,
cosa hanno saputo fare negli anni recenti, oltre a tutelare i
garantiti.
Il
Governo con l'intervento sull'Irpef, metterà nelle tasche di
tante famiglie un centinaio di euro, non basteranno certamente, ma
non sono poca cosa; la riduzione dell'Irap, la semplificazione
burocratica e la riduzione dei costi energetici, non saranno
sufficienti a rilanciare l'economia, ma è un primo tassello che va
nella giusta direzione.
Al
sindacato, che si lamenta per la mancata convocazione degli
affollatissimi e spesso inconcludenti tavoli di concertazione del
passato, dico che è giunta l'ora, anche per loro, di cambiare verso.
La rappresentanza è un fatto importante per la democrazia, ma quando
diventa burocrazia inamovibile, e liturgia inconcludente, è un
problema. Domenica si è tenuta a Brescia Leonessa 2014, una
iniziativa di grande interesse; ho ascoltato l'intervento di tanti
giovani motivati e professionalmente preparati; quando ho chiesto
loro cosa ne pensavano del sindacato, la risposta univoca è stata:
sindacato chi?
Le
misure annunciate sono perfettibili e quindi devono e possono essere
arricchite da chi ha a cuore l'uscita dell'Italia dalla crisi,
magari, anche dai tanti intellettuali che pontificano dalle pagine
dei giornali.
Da parte
mia insisto nel suggerire a Renzi di rivedere l'acquisto degli F35,
dispendiosi e di portare avanti l'idea di una difesa europea.
Plaudo
infine sulla necessità di stabilire un tetto agli stipendi dei
grandi manager con buona pace dell'onorevole Barca. E al dott.
Moretti aggiungo che se non gli basta la metà del suo attuale
stipendio se ne può andare, ci sono migliaia di professionisti bravi
e competenti in grado di sostituirrlo, non solo
professionalmente. Manager che saprebbero dimostrare una maggiore
sensibilità nei confronti del servizio anche per i tanti
pendolari italiani, che ogni giorno si recano al lavoro su treni
sporchi, mai in orario, che costringono i passeggeri a
viaggiare come sardine. Più ascolto le dichiarazioni di Moretti e
dei suoi compari e più mi convinco che è urgente un cambiamento
radicale a tutti i livelli.
Caro Riccardo, estraggo dal tuo editoriale del 26 marzo 2014 due frasi significative:
RispondiEliminaAl sindacato, che si lamenta per la mancata convocazione degli affollatissimi e spesso inconcludenti tavoli di concertazione del passato, dico che è giunta l'ora, anche per loro, di cambiare verso. La rappresentanza è un fatto importante per la democrazia, ma quando diventa burocrazia inamovibile, e liturgia inconcludente, è un problema.
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ho ascoltato l'intervento di tanti giovani motivati e professionalmente preparati; quando ho chiesto loro cosa ne pensavano del sindacato, la risposta univoca è stata: sindacato chi?
Permettimi due rapide considerazioni:
Sulla prima frase, il cui senso posso anche condividere, farei due chiose. Continui a usare il vecchio termine di Sindacato per indicare una realtà che è, invece, molto articolata. Capisco che a furia di vedere i talk show televisivi ci si fa una idea monolitica e a senso unico. In realtà quelle che molti (a ragione ?) indicano come divisioni sindacali da esorcizzare, sono semplicemente la conseguenza di modalità diverse di approcciare il tema del cambiamento. ... (leggi tutto il commento su contributi) Sandro Pasotti