LIANA MILELLA
La Repubblica 11 marzo 2014
L’annuncio a sorpresa del premier. Il
giudice: “ Un grande onore”
Sta vedendo la partita Roma-Napoli
quando il cellulare di Raffaele Cantone comincia a suonare impazzito.
Lui ancora non lo sa, ma pochi istanti prima il premier Renzi, a Che
tempo che fa di Fazio, ha annunciato che proprio Cantone, famoso
magistrato anti-camorra, è l'uomo scelto per diventare nuovo
commissario contro la corruzione. Al telefono Cantone è sorpreso, si
riesce a strappargli solo una battuta: «Sono contento, perché è un
impegno che mi gratifica, e del quale sono davvero onorato». Niente
di più, e chi conosce l'uomo ne capisce le ragioni. «Non parlo di
un incarico che devo ancora assumere, non sarebbe serio». Riservato
al punto che in queste settimane, quando il suo nome era in pole per
quello di ministro della Giustizia, non ha mai detto una parola. Non
solo, quando Renzi, su Repubblica, ha risposto allo scrittore Saviano
illustrando la sua piattaforma per la lotta alla mafia, Cantone ha
preferito non commentare.
Ma chi, in questi anni, ha imparato a
conoscerlo sa fin troppo bene che l'incarico di commissario
anti-corruzione gli calza a pennello. Anzi, c'è di più. Cantone ha
“inventato” questa nuova figura di authority, che prende il posto
del vecchio commissario cancellato dal governo Berlusconi. Ha detto
Renzi ieri sera sempre da Fazio: «Nel mondo siamo percepiti come un
Paese corrotto. Per prima cosa bisogna smettere di rubare e chi ruba
deve pagare. Ma c'è un passaggio ulteriore: se l'anti-corruzione
prevista da Monti parte, nei ranking internazionali l'Italia recupera
dieci posizioni. Ma c'è bisogno di persone valide». È questo il
biglietto da visita per Cantone il quale, in perfetta sintonia con
Renzi, giusto qualche mese fa, nel corso di un dibattito in
Cassazione sulla corruzione, ne aveva parlato così: «È un dei
fattori che non consente all'economia italiana di decollare».
Ancora: «È un potente freno allo sviluppo». Ma soprattutto Cantone
è uno dei migliori conoscitori dei pregi e difetti della legge
Severino. «Ci sono luci ed ombre» ha detto spesso. Tra le “luci”
c'è sicuramente – secondo Cantone – tutta la parte dedicata alla
prevenzione del fenomeno, alle regole stringenti che
l'amministrazione pubblica dovrebbe attuare per prevenire le
tangenti. Tra le ombre c'è «la debolezza della parte penale».
Diceva Cantone a Ferrara, a fine
ottobre 2013, intervistato all'Insolvenzfest: «La legge Severino va
aggiornata. È sicuramente buona la parte che riguarda la
prevenzione, ma è da completare nella parte penale, perché mancano
gli interventi sulla prescrizione, sul falso in bilancio,
sull'auto-riciclaggio». Non solo: Cantone è sempre stato critico
sulla divisione in due reati della concussione. Lo ha detto
esplicitamente il 3 maggio dell'anno scorso quando, in Cassazione, da
coordinatore del settore penale del Massimario, l'ufficio della
Suprema corte che monitora le sentenze, ha anticipato i contenuti di
uno studio sui “danni” che lo splittamento della concussione in
concussione propria (punita da 4 a 12 anni) e corruzione per
induzione (da 3 a 8 anni) stava provocando. Erano i giorni del
processo Ruby con Berlusconi giusto accusato di concussione. «Quella
norma va corretta» disse allora, ed è sempre rimasto di quell'idea.
Il magistrato giusto al posto giusto.
Per la sua storia personale e per i principi di cui è portatore.
Raffaele Cantone è stato pubblico ministero a Napoli negli anni
caldi della lotta alla camorra, arriva nel 1999 e va via dopo otto
anni, nel 2007, quando scade il limite, sempre criticato dalle toghe,
per la permanenza nello stesso ufficio. Ha indagato a lungo sul clan
dei Casalesi e si è fatto dei nemici non da poco visto che i
carabinieri costruiscono un dossier sul progetto di un attentato
contro di lui studiato dal gruppo Zagaria.
Da Napoli a Roma, dalle indagini sulla
camorra alla traduzione in leggi di questa lotta. Consulente della
commissione Antimafia, Cantone è convinto, come il procuratore
nazionale Franco Roberti, che la lotta alla criminalità debba
necessariamente passare per quella alla corruzione. Per questo
Cantone lavora in due commissioni che si sono rivelate politicamente
strategiche. La prima è quella di Filippo Patroni Griffi alla
Funzione pubblica, affidata all'allora suo capo di gabinetto Roberto
Garofoli, ora passato al Mef dopo la segreteria generale di palazzo
Chigi. La commissione mette le basi per dare sostanza alla legge
anti-corruzione che si trascinava in Parlamento dal maggio 2010,
quando l'allora Guardasigilli Alfano ne approvò il primo testo. Con
il governo Letta, Cantone entra nella commissione Garofoli, che
scrive le nuove regole per il sequestro dei patrimoni mafiosi e per
la lotta alla corruzione e che oggi è tra le mani del Guardasigilli
Andrea Orlando per trasformarla in un progetto di legge. Tra gli
strumenti più importanti c'è proprio la nuova figura del
commissario di cui Cantone ha sempre detto: «È una figura
fondamentale, senza quella non c'è lotta alla corruzione in Italia».
Adesso dovrà dimostrare che è così.
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