Un'Italia leader nel Mediterraneo. Obama appoggia l'ambizione di
Renzi. Che giocherà questa carta nel semestre di presidenza dell'Unione
europea
Non sarà una superpower, l’Italia, ma è una
superpotenza culturale, dice Matteo Renzi. Barack Obama l’osserva,
sorride, e pregusta la sua visita al Colosseo. Prima si era parlato
dell’Expo e della partecipazione americana alla grande fiera milanese, e
Obama aveva fatto una battuta sui suoi collaboratori che si sono già
prenotati per dare una mano per la realizzazione del padiglione
statunitense, immaginando un soggiorno ambrosiano di shopping e di buoni
ristoranti. Perché questa è l’Italia, il paese del buon cibo, della
moda, del buon gusto, è il paese che si racconta in America.
Renzi coglie la battuta di Obama, la prende anzi sul serio, proprio
per rilanciare quell’immagine del bel paese: fanno bene i suoi
collaboratori a sognarla così, l’Italia. È questo il paese che Renzi
disegna nel suo futuro di presidente del consiglio, il paese con lo
stile di vita che fa tendenza in Occidente, e non solo, ma anche il
paese con le caratteristiche adatte allo sviluppo dell’economia della
conoscenza. E che deve lavorare tanto, molto di più di quanto non abbia
fatto finora, per giocarsi al meglio queste sue carte, che nessun altro
paese ha.
Ma l’Italia è tale anche perché la sua è una lunga civiltà, una
civiltà che lascia segni come il Colosseo, e si è sviluppata nel
Mediterraneo. Il Mare Nostrum. Renzi lo dice in latino, come ama ripetere spesso, e lo traduce in inglese per l’ospite: Our sea.
Obama annuisce. E segue interessato il presidente del consiglio quando
ritaglia per l’Italia un ruolo cruciale nel Mediterraneo. Già in
un’intervista ieri, al Corriere della Sera, aveva elogiato
Renzi per aver iniziato la sua premiership con una visita in Tunisia,
«segno che vuole rafforzare la leadership che l’Italia già esercita nel
Mediterraneo», «una leadership benvenuta».
Il presidente del consiglio ripete, nella conferenza stampa che segue
il vertice con Obama, quello che è diventato un mantra: «L’Europa non
consideri il Mediterraneo una frontiera ma il cuore dell’azione
politica». L’aveva detto a Angela Merkel e François Hollande, lo ripete a
Obama.
Poi sia Renzi sia Obama fanno riferimento alle primavere arabe, che
oggi sembrano appassite, e al sostegno che ancora va dato alle nuove
generazioni di quei paesi perché continuino a sperare e a battersi per i
diritti, per la democrazia.
Nel mondo di Renzi c’è un’Europa, e dunque un’Italia, che non viva
nella paura di nuovi sbarchi ma che lavori per una relazione sempre più
intensa con i popoli vicini, di interscambio, di commerci, di
interazione culturale. L’Erasmus è una sorta di modello di questo
processo di conoscenza reciproca, una delle cose che ha meglio
funzionato in Europa e che ha creato vincoli tra i giovani europei, e lo
cita spesso Renzi. Lo cita pure nella conferenza stampa.
Obama probabilmente non sa neppure di che cosa si parli. Ma coglie il
senso del ragionamento. In più, una visione dell’Italia al centro del
Mediterraneo, di nuovo protagonista del suo mare, corrisponde all’idea
di Obama, secondo la quale ci deve essere una sorta di “divisione
internazionale” del lavoro di sicurezza, nel quale all’Italia è dato il
compito di presidiare la sua regione. Anche militarmente. E in questo
quadro va visto il dispositivo militare italiano, che, secondo Obama,
deve essere appunto adeguato al ruolo di leadership nel Mediterraneo.
Gli F-35 corrispondono a questa esigenza? Non si è parlato pubblicamente
dei controversi aerei multiruolo, ma si può pensare che il loro
eventuale acquisto e impiego vadano visti in quella cornice
geostrategica.
Renzi farà di questa sua sfida “mediterranea” il centro dell’azione
italiana nel secondo semestre di presidenza dell’Unione europea. Non il
solito ritornello tante volte udito sull’importanza del Mediterraneo, ma
l’ambizione di spostare a sud il baricentro strategico dell’Europa
stessa.
L’Italia crocevia e cerniera tra Europa, Medio Oriente, Nord Africa e
Balcani. Un’Italia che potrà svolgere questo ruolo perché più robusta
(dopo aver portato avanti il suo risanamento) e più consapevole di sé,
della sua forza. Da parte americana, c’è interesse a sostenerlo su
questa strada, come si è visto ieri nella conferenza stampa congiunta.
Obama sembra anche credere nelle doti leaderistiche di Renzi, che ha
apertamente elogiato e sostenuto. Un punto tutt’altro che scontato. Se
si pensa che, per Obama, Renzi è già il quarto presidente del consiglio
italiano con cui deve interloquire, sarebbe stato facile aspettarsi una
certa riluttanza a firmare cambiali all’attuale inquilino pro tempore di
palazzo Chigi. Ma l’amministrazione americana ritiene, questa volta, di
avere di fronte un interlocutore destinato a restare e a imprimere un
segno forte alla politica italiana.
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