domenica 18 agosto 2013

La sfida di Lula per una sinistra “creativa”

Francesca D'Ulisse 
Europa  


Dopo quattro giorni di dibattiti intensi sul futuro delle sinistre latinoamericane e sulle sfide che attendono i governi del continente è sempre Lula a sparigliare il campo e a offrire un punto di vista originale.
Nella cerimonia inaugurale del XIX° Foro di Sao Paulo (tenutosi dal 31 luglio al 4 agosto proprio nella capitale economica del Brasile) l’ex presidente segna il dibattito politico e lancia la parola d’ordine sulla quale costruire l’agenda politica dei prossimi anni. «Dobbiamo essere più creativi», scandisce davanti a una platea di invitati internazionali, di dirigenti del Partido dos Trabalhadores, di partiti fratelli latinoamericani, alcuni di derivazione “bolivariana”, altri legati alla famiglia socialista e socialdemocratica che sono la maggioranza.
Di nuova creazione del socialismo in America latina aveva scritto a lungo Mariategui, ma Lula declina il tema portandolo alle estreme conseguenze politiche La situazione che vive oggi la sinistra latinoamericana presenterebbe rischi evidenti: se i partiti del continente non rinnovano la loro agenda, se non creano un pensiero nuovo che sia in grado di ridefinire un proprio paradigma post-neoliberista che sappia rispondere alle nuove esigenze create grazie alle politiche messe in campo dai governi progressisti del continente, sono destinati alla sconfitta. Finora hanno saputo operare un salto di qualità importante, dimostrando al mondo del capitalismo avanzato che solo coniugando rigore di bilancio con politiche sociali che garantiscano inclusione, partecipazione e giustizia sociale si può creare sviluppo. Ma non basta più e questo vale anche per la sinistra europea.
Secondo la visione di Lula, l’Europa sarebbe ormai dominata da partiti di sinistra progressista che hanno perso il senso della loro missione storica e che, invece di capire il tempo nuovo e di rinnovare le proprie agende politiche, hanno preferito adeguarsi alla cultura neoliberista dominante. L’ex presidente cita l’evoluzione del Pci come esempio di tutto questo: ogni cambio di nome sarebbe coinciso, a suo dire, con una svolta a destra delle politiche. La crisi della sinistra in Europa sarebbe questa: invece di ripensare e aggiornare la sintesi politica ai nuovi e inevitabili conflitti di classe che la globalizzazione neoliberista ha fatto emergere, invece di tutelare il proprio blocco sociale di riferimento, queste forze politiche hanno preferito snaturarsi per diventare il partito di tutti e per ciò stesso di nessuno.
Ora è noto a tutti quanto Lula sia legato storicamente e culturalmente al mondo politico, sindacale e dei movimenti sociali del nostro paese. A queste considerazioni si può far finta di nulla o, al contrario, reagire e provare ad aprire un confronto franco e senza reticenze tra queste stesse categorie a partire dal dibattito congressuale. Sono convinta che sarebbe utile e proficuo definire quanto prima possibile cosa vogliamo e possiamo essere per rispondere ai bisogni dei tanti che vedono nel Pd l’unica forza credibile e nel congresso del 2013 l’ultima occasione utile per essere davvero “creativi”. Magari non piaceremo a tutti, ma ricreeremo il senso di una storia e di un orizzonte comune e condiviso. Facendo ricredere lo stesso Lula.

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