lunedì 19 agosto 2013

Attenzione agli asini impazziti

 
Editoriali
La Stampa 18/08/2013
mario deaglio

Tito Livio racconta che uno dei principali scontri militari nella storia di Roma avvenne per caso. Nel 168 avanti Cristo, tra macedoni e romani era in gioco, nella piana di Pidna, la supremazia politico-militare sull’Oriente ellenistico. I due stati maggiori erano molto riluttanti a combattere ma chi decise per loro fu un asino: sfuggito al controllo dei suoi guardiani nel campo romano, si diresse verso le linee macedoni, inseguito da alcuni legionari decisi a riprenderlo. I macedoni pensarono a un attacco, diedero l’allarme e la battaglia ebbe inizio. 

I responsabili delle grandi potenze raramente hanno oggi la fortuna di aver ricevuto un’educazione classica ma dovrebbero sapere che 99 anni fa, il mondo, che pensava soprattutto alla pace e all’espansione economica, si trovò «per caso» immerso in una terribile guerra mondiale a seguito di un atto di terrorismo (l’uccisione dell’Arciduca d’Austria a Sarajevo). 
Le prospettive di crescita stabile e duratura che cominciano a delinearsi in Europa, e forse anche in Italia, potrebbero essere compromesse da situazioni inattese e apparentemente secondarie.  
 
Gli «asini impazziti» non sono infatti un’esclusiva di Pidna né si devono riferire esclusivamente alle battaglie: ai possibili fatti imprevisti di natura politico-militare, alle «guerre per caso» si devono aggiungere possibili fatti imprevisti di natura economica, le «crisi per caso» come quella che diede inizio all’attuale fase depressiva nel 2007-08. Queste due possibilità vanno prese in seria considerazione oggi non solo, come è ovvio, per considerazioni di carattere generale ma perché potrebbero compromettere un lavoro di irrobustimento finanziario e rilancio economico che, con molta fatica, l’Europa sta conducendo da 2-3 anni. 

Chi sono gli «asini impazziti» che oggi minacciano la pace politica e la ripresa economica mondiale? Il primo, naturalmente, è l’Egitto dove lo scontro sta raggiungendo dimensioni da guerra civile: al di là di altre considerazioni, la possibile chiusura del Canale di Suez avrebbe ripercussioni comunque molto negative sull’intera economia mondiale e soprattutto su quella europea e di fronte alle quali non possiamo chiudere gli occhi. Il secondo è naturalmente la Siria, le cui terribili vicende si svolgono tra l’indifferenza di fatto della comunità internazionale, mentre coinvolgono sempre più direttamente gli Stati vicini, dalla Turchia all’Iran, con il rischio che Israele, sentendosi gravemente minacciata, scelga la strada pericolosissima di un’azione militare diretta. E’ doveroso ricordare tutto questo non si sta svolgendo su un altro pianeta: nell’ultima settimana sono giunti in Italia i primi profughi siriani, un problema, tra l’altro, del quale deve farsi carico l’Europa e che non può essere affrontato soltanto con le armi dell’emergenza. 

Ci sono «asini impazziti» anche nell’economia. Un paio di settimane fa, la città di Detroit, uno dei maggiori centri industriali degli Stati Uniti, ha dichiarato fallimento e non è certo l’unica tra le metropoli americane a vivere una stagione finanziaria difficilissima; i debiti di Detroit (la rispettabile somma di circa 18 miliardi di dollari) sono in buona misura detenuti da banche europee (non risultano banche italiane) la cui stabilità finanziaria è indebolita da questi sviluppi. Detroit, naturalmente, non è l’unico ente locale americano in difficoltà finanziarie e nessuno dispone di una mappa attendibile di dove si trovino i titoli di questi debitori difficili.  

Rimanendo sul fronte della finanza internazionale, alla debolezza dei debitori si aggiunge un altro «asino impazzito», ossia una possibile debolezza degli intermediari da cui deriva un cattivo funzionamento dei mercati finanziari internazionali. Il 14 agosto negli Stati Uniti vengono incriminati due operatori finanziari di JP Morgan, uno dei giganti delle transazioni finanziarie, il governo americano accusa di frode sui mutui subprime la Bank of America, uno dei maggiori istituti bancari del mondo e altri grandi nomi della finanza mondiale sono sotto inchiesta per irregolarità e violazioni di legge che comportano multe pesantissime.  
Nel frattempo, la collaborazione tra autorità monetarie, dalla quale potrebbero derivare soluzioni è scarsissima: la banca centrale giapponese ha impostato, senza avvisare nessuno, una politica monetaria espansiva che presenta notevoli rischi di destabilizzazione per tutti. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europa si sono pubblicamente accusati di cattiva gestione della crisi greca, uno scontro che non si era mai visto.  

La presenza di questi ostacoli sulla via di una nuova, grande ripresa, europea e globale non va sopravvalutata ma nemmeno disinvoltamente ignorata. Semplicemente, gli ostacoli vanno eliminati: con politiche incisive e condivise nelle crisi egiziana e siriana da parte di un’Unione Europa oggi clamorosamente muta, con una nuova azione di governo e controllo dei mercati finanziari mondiali della quale si vedono timidi inizi. 
La ripresa, in altre parole, non è un fatto automatico e non cade dal cielo. Va fortemente voluta non solo sul piano economico ma anche, più generalmente sul piano politico-sociale e internazionale, costruita con la messa a punto delle condizioni necessarie. La ripresa è un progetto di futuro che richiede sforzi e non il sostituto del regno di Bengodi: una semplice verità che gli italiani e gli altri europei dovrebbero ricordare sul finire delle vacanze ferragostane. 

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