sabato 31 agosto 2013

Finalmente ora il Pd è pronto a reagire alla crisi

Stefano Menichini 

Europa  

Renzi corre per la segreteria, lui e Letta uniti nel negare ogni "salvezza" a Berlusconi. La risposta è un preannuncio di caduta del governo: scelta grave ma che non troverà più il Pd subalterno.
Il nodo che pareva il più complicato della stagione si scioglie a Forlì. Matteo Renzi accetta di correre per la segreteria del Pd anche nella prospettiva di una buona durata del governo Letta.
Ma bastano pochi minuti perché la questione si ponga in termini del tutto diversi, opposti a quanto abbiamo raccontato negli ultimi giorni dopo l’esito della trattativa sull’Imu.
Perché, dopo che sia il presidente del consiglio che il più forte candidato alla guida del Pd, da Genova e da Forlì, avevano chiuso ogni discorso sul “salvataggio” di Berlusconi, la risposta dell’interessato è stata l’annuncio che, se le cose dovessero andare come preannunciano Letta e Renzi (e come Epifani ha ribadito più volte senza incontrare alcun dissenso interno), alla sua decadenza da senatore corrisponderà l’immediata caduta del governo delle larghe intese.
Si può osservare che Berlusconi ha già detto questo e l’esatto contrario, più volte, negli ultimi mesi. È vero. Ogni racconto sul Berlusconi privato di questi giorni converge nel descrivere un uomo depresso, confuso, incerto, con forti sbalzi d’umore e d’opinione.
Inoltre quella che potremmo definire – almeno sul piano della propaganda – come la vittoria del Pdl sull’Imu ha dato sostanza alle posizioni dei berlusconiani governisti. Il buon argomento di campagna elettorale – la promessa fiscale mantenuta – si scioglierebbe se la promessa, causa crisi di governo, dovesse rimanere incompiuta.
Quindi nulla ancora può essere dato per definitivo, a questo punto della vicenda.
Tranne ciò che francamente ci sta più a cuore. Molto più a cuore dei destini di Berlusconi.
E cioè che da ieri la marcia di avvicinamento del Pd alla resa dei conti elettorale ha trovato un sentiero diritto. Che non vuol dire che i giochi per Renzi siano fatti ma semplicemente (eppure non pareva così semplice) che nei prossimi tre mesi si sceglie e si consolida, senza pasticci né equivoci, la leadership  incaricata di chiudere da sinistra l’epoca delle larghe intese. Come lo stesso Enrico Letta ha affermato ieri con grande forza.
Questo è il punto chiave.
Berlusconi potrà pensarci, ripensarci, e ripensarci altre dieci volte. La faticosa coabitazione fra Pd e Pdl potrà durare ancora poche settimane, oppure qualche mese. Ma non ci sarà più un Pd frastornato e subalterno, bensì un partito unito nella voglia di vincere, stavolta, l’intera posta.

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