La leadership di Berlusconi è sfregiata per sempre. Per Letta e
Alfano, trionfatori di giornata, si tratta di un passaggio di stagione.
Scopriremo presto se è davvero così
La frase conclusiva del discorso di Enrico Letta alla camera
suona enfatica, forse esagerata, ma è la sigla di come presidente e
vicepresidente del consiglio hanno vissuto le ultime drammatiche ore.
Perché quella di ieri può essere considerata «una giornata storica per
la democrazia italiana» (e non, all’opposto, una gigantesca farsa) solo
se la prova di forza promossa da Letta e condotta e vinta da Angelino
Alfano battezzerà davvero un’altra stagione della destra italiana,
finalmente post-berlusconiana, affidata a una nuova generazione e
fondata sulle macerie del partito-azienda nel quale ormai vigeva solo la
legge del più prepotente e dell’ultimo che riusciva a convincere
l’esausto fondatore.
Molti sono gli esami, difficilissimi, che attendono il governo fuori
da una curva ad alto rischio. Non andavano bene le cose in Italia fino
all’altroieri, tutti i dossier sono spalancati e irrisolti, nessuno può
giurare sul successo di una missione di salvezza nazionale improba fin
dall’inizio. Insomma, l’ottimismo sarebbe fuori luogo e le sfide
appaiono tutte complicate.
Da ieri però il governo Letta s’è caricato di un compito, tutto
politico, se possibile ancora più arduo. Cioè di chiudere l’era della
centralità di Berlusconi in Italia, in contemporanea con una perdita di
immunità e di libertà personale che non potrà che scuotere tutto il
mondo del centrodestra.
Il dominio carismatico del Capo è frantumato, sfregiato,
irrecuperabile. Berlusconi paga anni di conduzione lassista e distratta
del Pdl facendosi mettere sotto da Alfano, quello al quale mancava il quid:
un’umiliazione che avrà conseguenze enormi ma che per ora lascia più
incognite che certezze. Per realizzare la svolta storica alla quale
allude Letta manca una leadership all’altezza, per non parlare delle
palate di fango che già schizzano da quelle parti.
Il Pd assiste al suicidio dell’avversario storico, al quale ha
contribuito con una fermezza sul punto della decadenza della quale
poteva dubitare solo chi è in malafede. Il suo campione oggi si chiama
Enrico Letta, grande vincitore su tutti i tavoli, ben coadiuvato da
Franceschini e dall’insieme di un nascente nuovo gruppo dirigente.
Per tutti loro il prossimo test, se davvero il sistema politico si
sta terremotando, sarà sulla difesa del bipolarismo rispetto a
risorgenti aspirazioni neocentriste. Ma questo è un altro film. Per ora
continuiamo a seguire lo psicodramma berlusconiano.
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