mercoledì 16 ottobre 2013

Accordo al Senato Usa, il default si allontana

Lorenzo Biondi 

Europa  

I due partiti trovano l'accordo in Senato. Si aspetta il voto della Camera, dove sarà decisivo il numero dei dissidenti repubblicani. Obama «fiducioso»
L’annuncio nell’aula del Senato lo hanno dato, uno dopo l’altro, il leader dei democratici Harry Reid e quello dei repubblicani Mitch McConnell: i due partiti hanno trovato l’accordo per evitare il default, la riforma sanitaria di Barack Obama rimane in piedi. Lo shutdown del governo federale finisce qui, grazie ad uno stanziamento provvisorio di fondi per consentire la riapertura degli uffici federali. Ora il governo può riprendere a lavorare fino alla metà di gennaio. C’è tempo fino ad allora per approvare l’innalzamento del tetto del debito richiesto dall’amministrazione Obama.
Entrambi i leader del Senato hanno lodato lo sforzo bipartisan per superare le divergenze, anche se con toni diversi. «Gli occhi del mondo erano puntati su di noi», ha rimarcato il democratico Reid, apprezzando che «sull’orlo del disastro» i partiti abbiano saputo «mettere da parte le differenze». Il repubblicano McConnell ha dovuto sommessamente ammettere la sconfitta: «Obamacare è un disastro. I nostri sforzi per abolirla non si fermeranno». Eppure «oggi c’è da evitare il default».
Sugli errori dei repubblicani ha calcato la mano John McCain, alla testa del fronte della trattativa («chiedevamo qualcosa di irragiungibile»). Mentre Ted Cruz – tra i leader più vicini al Tea Party, scuro in volto all’arrivo al Senato – ha riconosciuto la sconfitta annunciando che non si opporrà alla legge.
Ora la palla passa all’altro ramo del Congresso. Nelle prime ore del mattino indiscrezioni di stampa hanno rivelato che lo speaker repubblicano della Camera John Boehner avrebbe accettato di chiede un voto dei deputati sulla bozza di legge elaborata al Senato, prima ancora che si siano espressi i colleghi senatori. Se la Camera voterà sì, la legge potrà passare al Senato per la ratifica immediata. Giusto in tempo per evitare il default.
La mossa di Boehner è destinata però a spaccare i repubblicani della Camera. Solo alcuni di loro sono disposti a votare il testo redatto dai colleghi del Senato. Ma, secondo i calcoli, il numero dei dissidenti repubblicani è sufficiente a raggiungere la maggioranza, se sommato a quello dei deputati democratici.
Alla fine della fiera, il dibattito sul tetto del debito è rinviato di appena due mesi. Ma, se come previsto la Camera confermerà l’accordo, per i democratici – e per il presidente Obama – sarà un successo innegabile. Hanno tenuto il punto sull’essenziale, cedendo su questioni di importanza secondaria. Mentre i repubblicani si trovano a fare il conto delle perdite: le armate del Tea Party hanno costretto il partito a una battaglia di retroguardia; John Boehner ha assecondato gli estremisti, salvo poi ammettere la sconfitta, mettendo una grossa ipoteca sul proprio futuro politico. Nel 2014 si vota, le primarie sono alle porte: la battaglia per il controllo del partito si preannuncia spietata.

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