Banche
Intesa, ad arricchirsi sono solo i manager
La più grande banca italiana ha speso 4 milioni di euro per cambiare amministratore delegato. Ma l'elenco delle buone uscite milionarie degli ultimi anni è molto lungo. Ecco qualche cifra
di Vittorio MalaguttiSono passati meno di due anni, per dire, da quando Corrado Passera, nel novembre 2011, se ne andò al governo con Mario Monti lasciando l’incarico di numero uno dell’istituto milanese. Questo però è solo il caso più noto. Tra direttori generali e vice, l’organigramma di vertice di Intesa è stato più volte rivisto in tempi recenti. Giuseppe Castagna, nominato a dicembre 2012 responsabile della Banca dei Territori, cioè la rete delle filiali, sei mesi dopo aveva già fatto le valigie.
Prima di Castagna, a luglio 2012, aveva dato le dimissioni un altro direttore generale, Marco Morelli. Vita breve anche per lui, che era approdato nel gruppo finanziario milanese a marzo del 2010. Morelli aveva preso il posto di Francesco Micheli, classe 1946, congedato nel 2010 salvo poi essere richiamato in servizio da Cucchiani nel luglio 2012 come chief operating officer.
Cose che capitano. I manager vanno e vengono. Solo che le dimissioni costano. Tra buonuscite e indennità varie, Intesa ha finito per pagare un conto salato. Gli oneri delle liquidazioni si vanno a sommare a quelli, già pesanti, delle retribuzioni della squadra di comando. E questo in una fase di grande difficoltà per il settore bancario in generale, tra tagli di personale e moniti di Bankitalia a contenere i costi per i compensi a manager e amministratori.
Non si è ancora spenta l’eco delle proteste dei sindacati per la sontuosa liquidazione riservata a Cucchiani, che ai 3,6 milioni previsti contrattualmente (dopo 21 mesi di lavoro) aggiungerà altri 900 mila euro di stipendio come direttore generale, carica che lascerà solo nel marzo prossimo. Non può certo lamentarsi neppure Morelli che nel 2012 aveva incassato 2,8 milioni al termine di un incarico durato poco più di due anni (27 mesi). Il suo compenso era di 1,3 milioni l’anno, Cucchiani invece nel 2012 ha guadagnato 2,5 milioni.
Ammonta invece a 3,1 milioni la liquidazione ricevuta da Micheli che, come detto, ha lasciato la banca nel 2010 dopo circa otto anni di servizio per poi tornare su suoi passi nel 2012. Dal confronto con queste cifre esce ridimensionata la buonuscita pagata da Intesa a Passera nel 2011. Al banchiere diventato ministro andarono meno di 1,2 milioni dopo quasi dieci anni da numero uno. Secondo quanto riportato nei documenti ufficiali, il contratto di Passera gli garantiva un compenso di 1,5 milioni annui, bonus esclusi.
Cucchiani invece aveva spuntato una retribuzione di 1,8 milioni, a cui andavano aggiunti eventuali premi e incentivi. Particolare importante: al momento delle dimissioni Passera possedeva un tesoretto di titoli Intesa acquistati a prezzi inferiori a quelli di Borsa grazie alle generose stock option offerte dalla banca ai suoi top manager.
Le azioni furono messe in vendita subito dopo la nomina a ministro per mettere a tacere chi puntava il dito sui potenziali conflitti d’interesse dell’ex banchiere. La cessione di quel pacchetto di titoli fruttò a Passera circa 10 milioni di euro. Una somma importante, ma comunque di molto inferiore ai 40 milioni che avrebbe potuto ricavare se fosse passato all’incasso prima del 2008, quando la crisi delle Borse fece crollare le quotazioni.
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