Riccardo Imberti
Ci stiamo avvicinando ai congressi provinciali del pd e chi come me, a Brescia, ha avuto modo di
partecipare ad uno degli incontri di zona con i candidati, si rende conto di quanta stanchezza vi sia
nel dibattito interno e di quale rischio si stia correndo nell'accontentarci della conta fra gli iscritti. In
primo luogo si scorge la solitudine dei nostri luoghi, l'illusione che basti sistemare l'organizzazione,
la comunicazione e le risorse, perchè il partito torni ad essere in grande spolvero. Non è in
discussione la buona fede dei dirigenti, militanti e iscritti, ciò che manca è un pizzico di memoria.
Non più tardi di 10 mesi fa Bersani vinse le primarie affermando le stesse cose. Radicamento
territoriale, valorizzazione dei circoli e primazia della ditta. Sappiamo tutti come è andata. Abbiamo
ripetuto gli stessi errori e diffuso solo illusioni facendo conto solo sui duri e puri, dei pochi ma
buoni. Questo modello di partito può consolare qualche vecchio (non in senso di età) militante, ma
non risponde adeguatamente all'urgente esigenza di rimettere al centro della società la politica. Il
PD è nato per questo e basta leggere il suo documento fondativo per capire che la strada imboccata
per i congressi provinciali è in aperta contraddizione con lo spirito originario.
Quello che non si vuole vedere è che la difficoltà della costruzione del PD è dovuta al permanere al
proprio interno della logica mortifera degli ex e la composizione delle liste ne è la riprova: un ex
diessino e un ex margheritino, seppure giovane. A Brescia, le liste si sono costruite nel chiuso delle
stanze con il bilancino, mettendo i parlamentari a capolista o nei primi posti come specchietto per le
allodole. L'unica novità si è vista solo dal gruppo che fa riferimento a Matteo Renzi che ha costruito
il percorso congressuale, attraverso il dibattito, in tre incontri molto partecipati, decidendo alla fine
di chiedere ad Antonio Vivenzi di dare la propria disponibilità a candidarsi alla guida del PD
bresciano. Le liste a sostegno di Antonio sono composte da persone alle quali non è stata chiesta
l'appartenenza ma la disponibilità a lavorare per il cambiamento e per il superamento della logica
degli ex.
Selezionare la classe dirigente è una delle due funzioni storiche essenziali di un partito, l'altra è
produrre idee. Il gruppo dirigente deve essere selezionato non sulla base dell'appartenenza ma sulla
base del merito, delle competenze e della funzionalità al progetto Questo è quello che abbiamo
tentato di fare nel brevissimo tempo che ci è stato concesso, ma questo è lo stile che vogliamo si
affermi nel partito a Brescia, in Regione Lombardia e a livello nazionale. È una strada impervia che
incontra mille ostacoli: opportunismi, trasformismi, personalismi e vecchi vizi. Noi abbiamo voluto
partecipare a questa assise congressuale con uno spirito nuovo, avvalendoci delle tante generosità e
dei talenti che abbiamo incontrato lungo il cammino, senza chiedere documenti identitari, ne
giudicare le storie passate di ognuno, chiedendo unicamente di condividere una idea di partito
aperto e rinnovato che, se si afferma, può rappresentare concretamente la speranza per il futuro
della società bresciana e nazionale.
Nessun commento:
Posta un commento