L'operazione di Poste è impopolare nell'opinione pubblica.
L'occasione per un'apertura col botto della campagna per le primarie
Partiti, sindacati e azienda ieri hanno impiegato tutta la
giornata a giustificare lo strano matrimonio tra Poste e Alitalia, tra
un’azienda pubblica in salute che vive del risparmio degli italiani e
un’azienda privata sull’orlo del fallimento. «Non useremo i soldi dei
conti correnti» si è spinto a dire Massimo Sarmi, il numero uno di Poste
spa, e resta un mistero come farà.
Sui giornali e sui social network il salvataggio non è piaciuto.
Molte le perplessità. Gli italiani non dimenticano che Alitalia è
costata qualche miliardo di soldi pubblici già cinque anni fa e
consegnata senza debiti ai “patrioti” dell’italianità. Poi manca un
piano industriale decente che spieghi quali risparmi consentano le nozze
tra voli e lettere. Infine, sembra un azzardo bruciare i risparmi degli
italiani meno ricchi per un salvataggio immeritato e molto improbabile.
E c’è chi ha ricordato i disastrosi precedenti di Poste nel mercato
aereo (Mistral Air).
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