Giulio Albanese
Il Mare Nostrum è un cimitero liquido. Ieri, abbiamo avuto la
notizia dell’ennesima mattanza. Carne umana, proveniente dalla
sponda africana, affogata dall’egoismo umano. I commenti – a
parte la coraggiosa denuncia di Papa Francesco quando ha esclamato a
gran voce “Vergogna” – purtroppo (dispiace, francamente,
doverlo scrivere ) sono stati in molti casi espressione del “pensiero
debole” del nostro modo di fare informazione. Luoghi comuni, parole
che si dissolvono come bolle di sapone e ciarpame di chi specula
sulle altrui disgrazie. Non resta, allora, che fare silenzio,
riflettendo, col cuore e con la mente, sul mistero del dolore e
soprattutto sulle responsabilità umane (di noi tutti) di fronte a
quei corpi a cui è stato negato il diritto di fuggire e dunque di
esistere. In un Paese come il nostro, in cui la politica si è
svuotata di senso e di significato, dove l’ignoranza è trasversale
a tutte le corporazioni, non resta che invocare la redenzione,
attraverso una decisa assunzione di responsabilità collettive e
personali. Per favore, non chiediamoci dov’è Dio, ma dov’è
l’uomo “creato a sua immagine e somiglianza”. La risposta, a
pensarci bene, è una sola: l’abbiamo lasciato annegare nel mare
dello squallore, dell’indifferenza e dell’egoismo più becero e
arrogante. Anche noi cristiani, che, solitamente, assolviamo noi
stessi con la pretesa d’essere credenti, dovremmo avere il coraggio
di confessare la nostra palese omertà. Quella di non dare voce ai
senza voce, a coloro che vivono nei bassifondi della Storia,
dimenticati da tutto e da tutti.
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