Renzi contro l’establishment nazionale, Cuperlo per dedicarsi solo al partito, Civati per una sinistra aperta, Pittella il più “europeo”
Ecco,
ora è tutto nero su bianco. Ci sono i documenti dei 4 concorrenti per
la segreteria del Pd, l’atto che sostanzialmente segna l’avvio della
grande corsa che si concluderà l’8 dicembre. Molto è stato già detto, da
Renzi, da Cuperlo, da Civati, da Pittella e dunque nei testi – tutti
corposi (sono sul sito di Europa) – si può giusto trovare la sistematizzazione delle rispettive piattaforme.
Ecco dunque Matteo Renzi («Cambiare verso», il titolo) mettere in
fila cose già dette ma anche altre meglio declinate. La «rivoluzione
radicale» passa per un durissima critica all’establishment, nelle sue
varie forme, ivi compresi i partiti. Anche il Pd e la sua classe
dirigente.
Il sindaco ipotizza un partito basato sui circoli, gli
amministratori, i parlamentari. Forte carica volontaria (circoli,
territorio) saldata alla responsabilità istituzionale: dal che si evince
un forte ridimensionamento del partito-apparato, dei funzionari. La
scelta di fare contemporaneamente il segretario e il sindaco di Firenze
d’altronde allude ad un tentativo di de-sacralizzare la figura del
segretario generale.
In più, a quanto si dice, Renzi desidererebbe che la sede del Pd
fosse spostata fuori dalla “cittadella politica”: l’idea è di cercare un
sede non enorme come l’attuale Nazareno in un quartiere centrale di
Roma ma distante da Montecitorio e palazzo Madama. Un modo plastico di
dar vita ad un nuovo modo di essere del partito.
Nel documento Renzi riprende l’idea di un Pd proteso alla caccia dei
voti di Pdl e M5S perché «se non si ottengono i voti di coloro che non
hanno votato il Pd alle precedenti elezioni, si perde» nel quadro di una
sfida per il bipolarismo (al Pd spetta la prima mossa per una nuova
legge elettorale). La rottamazione, qui, è della prospettiva delle
larghe intese. Sulla quale peraltro è d’accordo anche Gianni Cuperlo
(«Per la rivoluzione della dignità»): «L’orizzonte politico del Pd non
sono le larghe intese come strategia. E neppure il sogno
dell’autosufficienza». Insomma, siamo alla riproposizione, magari
aggiornata, dell’idea della coalizione di centrosinistra, dentro un
quadro nel quale la sinistra sa ritrovare mission, senso e forza. Lealtà
a Letta ma senza subalternità, inoltre. E contro Renzi, Cuperlo propone
la distinzione fra incarici di governo e di partito.
Ed è ancora la sinistra – una nuova sinistra – la stella polare di
Pippo Civati («Dalla delusione alla speranza. Le cose cambiano
cambiandole») che chiede «un partito ospitale», aperto a ciò che si
muove nella società, unico “luogo” – osserva – da cui sta arrivando
qualcosa di positivo. Un partito moderno, da anni Duemila, «partecipato»
e «accessibile», nel quale gli iscritti contino davvero. Altro che
correnti e «filiere».
Gianni Pittella insiste molto sul tema che gli è più caro e sul
quale, da vicepresidente del parlamento europeo, ha maturato una
particolare competenza, l’Europa, ipotizzando «una proprosta sobria:
creare un potere democratico europeo». Puntando cioè a superare la
realtà di questi anni nella quale «la definizione della politica
economica è stata sottratta alla deliberazione democratica». Ma
sull’Europa anche Renzi dice la sua: si può ripensare il 3%, è un
«parametro anacronistico».
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